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    Danila Pescina psicologa studia il disturbo narcisistico di Impagnatiello

    Golfo dei Poeti 
Danila Pescina


    Il disturbo narcisistico non è mai da sottovalutare 

    Danila Pescina, psicoterapeuta e criminologa, ci ha gentilmente rilasciato un’altra intervista in cui analizza nel dettaglio Impagnatiello, il presunto assassino reo confesso del femminicidio di Giulia Tramontano, e il suo disturbo narcisistico.

    La dott.sa Danila Pescina è psicologa, criminologa e psicoterapeuta. Specialista in Psicoterapia Breve ad Approccio Strategico. Esperta in Psicologia delle Dipendenze. Università degli Studi Internazionali di Roma – UNINT – Giudice Onorario del tribunale di sorveglianza di Milano.

    D.: Alla luce del caso di Impagnatiello, in che modo il narcisismo potrebbe essere stato  un fattore contributivo nel comportamento violento dell’aggressore?
    R.: Viviamo in un’epoca in cui il narcisismo è un tema che riguarda un po’ tutti. Infatti, in questi decenni, a partire dai social, c’è una tendenza a mostrarsi in modo perfetto, bello e affascinante. Quando il narcisismo diventa preoccupante, si arriva a vedere solo se stessi e non gli altri. Questo è il caso di Impagnatiellodove il narcisismo ha giocato un ruolo determinante nella relazione. Da quanto emerso, lui ha ucciso la fidanzata Giulia il giorno in cui c’era stato il confronto tra lei e l’amante, nonché collega di Impagnatiello. Quella sera, Giulia era pronta a chiudere definitivamente la loro relazione, avendo scoperto tutte le bugie che il fidanzato le raccontava da mesi. Per queste motivazioni non possiamo parlare di un raptus, per quanto riguarda la decisione di porre fine alla vita di Giulia, poiché è emerso che da tempo lui cercava di avvelenarla con il topicida. Impagnatiello voleva che lei abortisse perché riteneva che il bambino potesse essere un impedimento per la sua vita e per i suoi progetti futuri. Questo atteggiamento egoistico è tipico del tratto narcisistico.

    Impagnatiello
    Impagnatiello con capelli rasati e senza barba

    D.: Giulia avrebbe potuto essere salvata? Poche ore prima di essere uccisa, Giulia si è incontrata con l’amante di lui a Milano. Non sarebbe dovuta andare?
    R.: Abbiamo visto, infatti, che i messaggi che Giulia aveva inviato a un’amica dopo l’incontro con l’amante di lui erano molto forti. Scriveva di essere scioccata dalla vita che lui conduceva e dalle cose che faceva, anche sul lavoro, dove raccontava persino che la madre era malata. Questo ci fa capire quanto un narcisista, manipolatore e bugiardo possa arrivare a costruirsi un fitto castello di bugie nella vita quotidiana con tutte le persone con cui si confrontava. Infatti, Giulia è stata uccisa quella stessa sera, dopo l’incontro con l’altra donna, sua rivale. Lei gli aveva scritto dei messaggi, in cui faceva capire che aveva intenzione di tornare al suo paese, in provincia di Napoli, di lasciarlo e di andarsene con il figlio. Per il narcisista, il fallimento è impensabile e inaccettabile. Ricordiamo che lui veniva già da un fallimento relazionale, con un altro figlio avuto da una precedente relazione. La sua unica strada era distruggere chi fosse al suo fianco, vedendola come la persona che avrebbe boicottato i suoi obiettivi.

    D.: Quali sono le cause e i fattori di rischio che possono contribuire allo sviluppo del disturbo narcisistico di personalità?
    R.: È importante ricordare e sottolineare che il narcisista non vede l’altro se non per i propri scopi, per quello che può guadagnare o ottenere dalla relazione. Non riconosce i problemi o le difficoltà della compagna, vede solo se stesso. Questa è una riflessione fondamentale da fare. Per tornare ad essere il protagonista della sua vita, doveva annientare chi gli era accanto. Solo così poteva sentirsi nuovamente al centro della propria esistenza, perché il narcisista non riesce a vedere o amare nessun altro se non se stesso. Certamente, parlare dei fattori che portano al disturbo narcisistico di personalità in maniera così esasperata è difficile. Si può discutere dell’infanzia, ma nel momento attuale in cui viviamo, il tratto narcisistico, purtroppo appartiene a molte persone. Non mi riferisco al narcisismomaligno o dannoso, ma a quello che spinge a voler essere belli a tutti i costi, a dimostrare tramite i social di essere affascinanti, senza rughe, senza difetti fisici per le donne, e con addominali scolpiti per gli uomini. In un’epoca in cui tutto viene relegato al mostrare di essere qualcosa che forse non si è veramente, mentre interiormente ci si sente sgretolati, si capisce quanto il tratto narcisistico appartenga a questa generazione, sicuramente più che a quella di cinquant’anni fa. 

    Una riflessione aggiuntiva su questo tipo di uomini che arrivano alla violenza, fino a uccidere la compagna e la madre dei loro figli, rivela molte paure che non vanno giustificate, ma analizzate. L’idea di volerle analizzare non porta a perdonare o giustificare in alcun modo, ma è importante ricordare che tra le paure di questi soggetti ci sono: la paura di sentirsi deboli, di essere fragili, del giudizio esterno, di provare emozioni difficili da gestire, di soffrire, del vuoto, della solitudine, della sofferenza, dell’abbandono e del fallimento. Questo riguarda anche il caso di Impagnatiello e il famoso castello che aveva costruito. 
    Una mia riflessione relativa al concetto di variabili della violenza, in presenza di un tratto narcisistico in una persona, evidenzia quattro variabili che ruotano attorno alla violenza. La prima è la teoria culturale, legata a stereotipi, credenze e ruoli trasmessi dalla famiglia di origine. La seconda è la variabile del panico da abbandono, collegata a patologie dell’attaccamento e a una dipendenza affettiva che impedisce di gestire l’abbandono del partner. La terza variabile riguarda la violenza subita durante l’infanzia, che può portare a riprodurre le violenze subite, perpetuando un ciclo di violenza. Un bambino che ha vissuto un’infanzia violenta ha infatti più probabilità di diventare un carnefice da adulto. L’ultima variabile da considerare è quella delle auto-giustificazioni, che porta a discolparsi per azioni o comportamenti con cui si entra in conflitto. La morale sociale può portare a neutralizzare un problema e giustificare un’azione sbagliata perché si ritiene di aver agito per necessità o per salvarsi.

    
Giulia Tramontano
    Vogliamo ricordare così Giulia

    D.: Come si può trattare il disturbo narcisistico di personalità
    R.: Il trattamento del disturbo narcisistico è possibile, ma estremamente complesso. La persona coinvolta deve essere disposta a mettersi in gioco, e bisogna aumentare la consapevolezza anche delle persone attorno. È necessario rimettere in discussione tutte le certezze e convinzioni accumulate negli anni, iniziando a comprendere il senso di una relazione sana e di un rapporto di coppia equilibrato. In una relazione sana, l’altra persona deve essere considerata in tutto e per tutto, e non utilizzata solo per scopi personali o narcisistici, come avere al proprio fianco una persona socialmente invidiabile. È fondamentale sviluppare empatia, cosa che probabilmente mancava a ImpagnatielloL’empatia implica capire i sentimenti dell’altro e riconoscere ciò che può ferire l’altra persona. Nel suo caso, che tentava da mesi di avvelenarla, è chiaro che mancasse. La montagna di frottole, che aveva creato, si è alimentata e ingrandita sempre di più fino a inghiottire la sua vita.

    D.: Nel caso di Impagnatiello è stata richiesta una perizia psichiatrica. Secondo lei, è possibile che venga dichiarato capace di intendere e di volere oppure no?
    R.: È comprensibile che sia stata richiesta una valutazione psichiatrica, perché in un caso come questo è fondamentale accertare se Impagnatiello ai tempi dei fatti fosse capace di intendere e di volere. È chiaro che il disturbo non sembra così invalidante da compromettere tale capacità. Il percorso intrapreso da lui nei mesi precedenti l’omicidio, indica un intento premeditato. Non è stata una cosa improvvisa, ma un piano che ha progettato nel corso del tempo. Sicuramente lei aveva deciso di incontrare l’amante del fidanzato, esasperata dalla situazione, poiché il loro rapporto era in grosse difficoltà da tempo. Quando ha scoperto la relazione, in modo molto maturo, ha voluto confrontarsi con l’altra donna. Anche se emotivamente utile, quell’incontro ha fatto scattare in Impagnatiello il desiderio di chiudere la relazione a modo suo. Non ha avuto il coraggio di ammettere i propri errori, di accettare di aver sbagliato e di andare avanti con la sua vita, invece ha deciso di eliminare il problema alla radice.

    Potete trovare la dott.sa Danila Pescina anche su Ig danila_pescina_psicoterapeuta

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    Luisa Fascinelli

  • Danila Pescina psicoterapeuta: come affrontare la dipendenza affettiva

    Danila Pescina psicoterapeuta: come affrontare la dipendenza affettiva

    Danila Pescina criminologa
Golfo dei Poeti news
    La dottoressa Danila Pescina

    Intervista alla psicoterapeuta Danila Pescina sulla dipendenza affettiva


    Tutti i giorni si legge di violenza sulle donne. Come invertire questa spirale? È giunto a proposito un incontro il 18 marzo scorso a Milano sul tema: “Stop alle violenze di genere, formare per fermare”. Verissimo! Formare per fermare è la via giusta e di questo ci parla la psicoterapeuta criminologa Danila Pescina, una delle relatrici del convegno.

    La dottoressa è stata disponibile a rilasciarci un’intervista sulla dipendenza affettiva, da pubblicare sia sul nostro sito web Golfo dei Poeti news che su Lerici In. Desideriamo ringraziarla per i preziosi consigli che ha fornito ai nostri lettori.

    Formare X fermare 
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    La dott.sa Danila Pescina è psicologa, criminologa e psicoterapeuta. Specialista in Psicoterapia Breve ad Approccio Strategico. Esperta in Psicologia delle Dipendenze. Università degli Studi Internazionali di Roma – UNINT- Giudice Onorario del tribunale di sorveglianza di Milano.

    D.: Quali sono gli indizi che una relazione affettiva potrebbe diventare dannosa o tossica?
    R.: Sono diversi i segnali che fanno capire che vi state imbattendo in una relazione tossica. All’inizio certi uomini sembrano principi azzurri, mostrando una propensione a dedicare maggior tempo e attenzione rispetto agli uomini non tossici e di conseguenza la donna può cadere più facilmente nella rete. Man mano che il rapporto diventa più esclusivo, i  partner tendono ad essere sempre più disponibili e presenti nella gran parte della giornata, non solo fisicamente ma anche emotivamente, richiedendo molte attenzioni e una presenza costante. Iniziano a emergere comportamenti che portano a farvi tagliare fuori dalle amicizie, per esempio a escludere altre persone, vogliono essere loro al centro della vostra vita, isolarvi da quelle che erano le amiche, i colleghi di lavoro; cominciano a parlarne male, magari anche della vostra famiglia. Più la relazione continua a prendere piede, più cominciano ad avere anche degli atteggiamenti di ossessività e di gelosia. In un primo momento più mascherata, che non viene subito percepita come gelosia pericolosa, ma in realtà dove c’è della ossessività la gelosia diventa assolutamente pericolosa.


    D.: Quali sono i comportamenti tipici dei soggetti pericolosi o manipolativi all’inizio di una relazione?
    R.: È essenziale riconoscere i segnali fin dall’inizio: per esempio, se cominciate a percepire campanelli d’allarme riguardo alla richiesta eccessiva di attenzioni e tempo da parte di quest’uomo, che crea un vuoto intorno a voi, anche se può riguardare degli hobby o delle passioni che avete sempre coltivato. Tutto questo tempo che vuole venga investito solo verso di lui comincia a essere un problema e deve essere già un campanello d’allarme. E come si riconosce questa dipendenza affettiva? Affrontandola, mettendo dei paletti, mantenendo e preservando la propria autonomia in primis, sia dal punto di vista economico sia dal punto di vista relazionale-affettivo. Essere autonome nel mondo, autonome nelle proprie scelte, autonome nello scegliere di vedere altre persone, senza chiaramente mancare di rispetto alla relazione, che questo sia sempre molto chiaro. Avere relazioni esterne alla coppia non è una mancanza di rispetto nei confronti della coppia o dentro la coppia: è un preservare anche la propria individualità. L’importante è che all’interno di una relazione ci sia una solida base di condivisione, di dipendenza reciproca, del benessere dell’altro, ma non deve mai raggiungere l’esclusività assoluta della propria esistenza nelle mani del partner, questo assolutamente no. Mettete un freno e imparate a riconoscere i segnali che indicano quando una relazione sta diventando troppo chiusa, troppo esclusiva e controllante.

    D.: Come possiamo aiutare le donne a riconoscere e affrontare la dipendenza affettiva?
    R.: Intanto è importante che le donne imparino  a tutelarsi da questi  amori malsani, malati e tossici. Proteggersi implica anche condividere con i familiari e amicizie fidate quello che si sta vivendo e valutare se c’è la possibilità di allentare la morsa di una relazione che diventa sempre più opprimente. È fondamentale, soprattutto quando ci si rende conto che non si tratta dell’amore giusto, imparare a lasciare andare, a chiudere una relazione, a imparare a dire basta. Bisogna capire se quella relazione è ciò che realmente desiderate o se invece diventa una fonte continua di sofferenza e compromessi che non volete. Nella relazione si è in due ed è un gioco che coinvolge un po’ come il tango, è un ballo che va vissuto insieme e non un ballo dove vi sentite costrette e soffocate, questo è del tutto da evitare. Mai perdere di vista i vostri obiettivi, sogni e indipendenza, oltre alla dipendenza relazionale.

    Dipendenza affettiva 
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    D.: Quali sono le strategie pratiche che le donne possono utilizzare per proteggersi e mantenere la propria sicurezza emotiva in una relazione?
    R.: È basilare imparare a riconoscere le situazioni pericolose prima che si aggravino. Anche senza considerare i casi in cui il partner arrivi a mettere le mani addosso alla donna, è importante ricordare che nessun gesto violento è giustificabile, neanche la violenza verbale, che non deve essere mai giustificata. Il primo schiaffo dovrebbe farvi capire che non è né la persona giusta né la relazione giusta. Il primo schiaffo sarà l’inizio di qualcosa che risulterà difficile da concludere in seguito. Dovete essere in grado di chiudere il libro quando avete finito di leggerlo, scrivere la parola “fine” su quella relazione tossica e uscire da essa.

    D.: Come possiamo incoraggiare le donne a fidarsi dei propri istinti e a porre attenzione ai segnali di allarme in una relazione?
    R.: Non dovete permettere alle relazioni tossiche di farvi isolare. Sentitevi libere di parlare apertamente di eventuali dubbi o preoccupazioni, specialmente all’inizio della relazione, con amici, familiari e persone di fiducia. Condividere i vostri dubbi, le perplessità e gli enormi punti interrogativi vi può aiutare a comprendere meglio se quella relazione è davvero positiva per voi. Dovete essere consapevoli che all’interno della coppia potrete non percepire il fatto che la relazione sia tossica. La cosa più importante è comprendere sin dall’inizio come allontanarvi da chi vi fa del male, sia fisicamente che emotivamente o psicologicamente. L’uomo che ama davvero non sente il bisogno di incutere insicurezza nella sua compagna né di esigere un’esclusività che la isoli completamente dagli altri, come amici, familiari o colleghi di lavoro.
    Chi ama davvero rispetta le scelte dell’altro e anche il suo tempo libero e i suoi hobby. Ricordatevi che una relazione sana non si basa solo sulla chiusura, ma anche sul condividere, non isolandovi all’interno della relazione.

    D.: Nel femminicidio di Giulia Cecchettin, il suo ex fidanzato le aveva fatto credere che lui si sarebbe fatto del male se lei non lo avesse più voluto vedere, l’ha ingannata bene, come poteva Giulia capire che le intenzioni malevoli non erano di autolesionismo ma bensì su di lei?
    R.: Non cadere nel tranello delle minacce, assolutamente no. Se un uomo comincia a intimorare con frasi come: “senza di te muoio”, “senza di te mi ammazzo”, capire subito che non sono comportamenti che possano sostenere una relazione sana. Questo è stato evidente anche nel caso di Giulia Cecchettin, estremamente preoccupata per il suo fidanzato fragile che minacciava di non farcela senza di lei e che comunque voleva ritornare insieme a lei. Ricordatevi, donne, che la vostra vita deve essere sempre al primo posto, così come la vostra vita sentimentale, affettiva e la vostra serenità personale. La vita dell’altro non può essere al primo posto. Diventa un ciclo in cui potreste costantemente trovarvi intrappolate e soggette a questa forma di dipendenza affettiva.
    Imparate a dire basta, imparate a gestire la distanza e a preservare prima di tutto la vostra salute. L’altra persona deve chiedere aiuto, deve farsi aiutare. È fondamentale non accettare mai l’ultimo incontro “chiarificatore”. Non accettare mai “l’ultima volta per chiarire la nostra situazione”. L’ultimo incontro è sempre troppo pericoloso. Se dovete andare all’ultimo appuntamento, portate con voi qualcuno di fidato, non andate mai da sole. Se vuole parlare, benissimo, potete parlare anche in un centro commerciale, con 100 persone attorno. Non cedete mai al passaggio in macchina o “all’incontriamoci da soli da qualche parte per parlare”. Se una storia è finita, tutto questo non serve, se non a farsi solo male o a ricevere del male.

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    Luisa Fascinelli

    La dottoressa durante l’intervento all’evento “Fermare per fermare”