Nelle 130 pagine del perito incaricato dalla Corte dAssise dott. psichiatra Elvezio Pirfo spiega le motivazioni
L’udienza del 4 marzo nel processo di Alessia Pifferi sarà sicuramente oggetto di una discussione molto accesa, innanzitutto perché il perito di parte ha consegnato la sua perizia e ha potuto constatare che l’imputata non ha alcun problema mentale, risultando quindi in grado di intendere e volere.
Inoltre questo accertamento era stato fortemente contestato in aula dal pm Francesco De Tommasi, in contrasto con una consulenza dei suoi esperti, tanto da portare all’indagine per falso ideologico l’avvocato della difesa Alessia Pontenani insieme alle due professioniste psicologhe del carcere, le quali, le due avrebbero svolto, secondo il pm, una “vera e propria attività di consulenza difensiva, non rientrante” nelle loro “competenze”.
Dalla perizia è emerso che Alessia Pifferi, nel lasciare morire la piccola Diana nel luglio 2022 per stare con l’allora compagno, ha privilegiato i propri desideri di donna a scapito degli obblighi materni. Il perito ha sottolineato che la donna ha adottato un’intelligenza di condotta, giustificando le sue scelte con motivazioni personali diverse. Queste conclusioni sono in linea con quanto affermato dal pm De Tommasi e dal consulente. La 38enne ha vissuto il suo contesto familiare e sociale come affettivamente deprivante, identificandosi come il pulcino nero, il che l’ha portata a sviluppare un funzionamento di personalità caratterizzato da alessitimia. Questo disturbo porta a un’incapacità di esprimere emozioni e provare empatia.
Lo psichiatra Elvezio Pirfo ha specificato che l’imputata non ha alcun disturbo psichiatrico. Oltretutto, durante gli interrogatori, ha mostrato una sorprendente resistenza alla fatica, una resilienza superiore alle aspettative date le sue circostanze complesse e infelici. Ha sempre risposto con precisione e ha mantenuto integrità nella memoria.
Inoltre, le videoregistrazioni degli interrogatori hanno mostrato che le modalità di interloquire e l’atteggiamento mentale di Alessia Pifferi sono coerenti con quanto emerso nei colloqui peritali. Il perito ha concluso che nulla di quanto osservato può essere collegato a influenze causate dalla detenzione o da terapie farmacologiche.
Tuttavia, il 4 marzo l’avvocato Pontenani e i suoi consulenti di parte sono pronti a contestare i risultati di questa perizia, dimostrando ciò che invece hanno riscontrato, in netta disparità con quanto dichiarato dallo psichiatra ElvezioPirfo.
L’avvocato Alessia Pontenani e la sua assistita Alessia Pifferi
Alessia Pifferi, 38 anni, è a processo per omicidio volontario pluriaggravato per aver lasciato morire di stenti la figlia Diana, di 18 mesi, che ha lasciato da sola a casa per sei giorni, a luglio 2022, mentre alloggiava dal suo compagno a Leffe (Bg). La Corted’Assise di Milano ha richiesto la perizia psichiatrica per l’imputata, prossima udienza, 4 marzo 2024.
Noi di Golfo dei Poeti news abbiamo avuto l’opportunità di intervistare l’avvocato di Alessia Pifferi, Alessia Pontenani, che ci ha gentilmente concesso una lunga e dettagliata intervista sulla sua assistita e sul processo in corso. Presenteremo i dettagli di questa conversazione in due articoli distinti.
D.: Avvocato Alessia Pontenani potrebbe condividere con noi quale è stata la ragione o la motivazione che l’ha spinta a rappresentare Alessia Pifferi in questo caso? Cosa l’ha portata a scegliere di difenderla?
R.: In realtà, come avvocato, ho sempre difeso le persone a prescindere dal capo di imputazione. Mi ha colpito particolarmente quando un collega, nominato dalla signora Pifferi, mi ha confidato che non l’avrebbe mai difesa a causa del suo gesto orribile. Ritengo che gli avvocati non debbano scegliere i reati o le persone da difendere; in tal modo, non ci sarebbe più garanzia per nessuno. Dal mio punto di vista, gli avvocati devono difendere tutti, facendo sempre del loro meglio, indipendentemente da ciò che la persona può aver commesso o meno. Non è mai facile; siamo, alla fine, persone normali. Ad esempio, quando ho esaminato l’autopsia della bambina della Pifferi, non ho dormito per tre giorni, tuttavia tutti hanno diritto di essere difesi, e a maggior ragione anche la signora Pifferi. Dalla nostra prima conversazione, ho immediatamente intuito che la signora non stava bene. A prescindere da ciò che dicono, nonostante le accuse di menzogne e diabolismo, provo solo grande tenerezza per la signora.
Nel suo stato, la vedo come una persona completamente spaesata, incapace di rendersi conto appieno delle proprie azioni. Forse, solo ora sta iniziando a capire. Attualmente, sembra essere molto spaventata, ma è certamente più lucida e consapevole di ciò che ha fatto.
È terrorizzata dalla situazione che le sta accadendo attorno. Io riesco sempre a farla sorridere, anche prima delle udienze, ma resta sempre molto impaurita. Durante l’udienza con il pubblico ministero, sono stata costretta a chiedere una pausa di 15’ minuti, poiché non riusciva più a parlare, era andata completamente in panico ed era tremolante. Ho cercato di rassicurarla, anche se le persone intorno hanno subito pensato che le stessi suggerendo le risposte. Ovviamente, non era così, ma cercavo solo di darle supporto.
Alessia Pontenani, avvocato dell’imputata Alessia Pifferi, un’illustrazione di Andrea Spinelli Art
D.: Quali sfide o complessità specifiche presenta questo caso rispetto ad altri casi che ha affrontato in passato?
R.: Qui c’è molto poco di giuridico; ho seguito un altro caso di omicidio. Il mio assistito è stato assolto, mi sono dedicata alle indagini e mi sono veramente data da fare. Abbiamo scoperto effettivamente cosa fosse successo nell’omicidio nel vecchio macello di Viale Molise.
Quello è stato un caso tra persone extracomunitarie ai margini della società. In quel caso sono state fatte le indagini perché si doveva capire chi era il colpevole; in questo caso no. Dal punto di vista giuridico, questo è in realtà molto più interessante perché si va a scavare veramente nell’animo di una persona per riuscire a comprendere cosa l’abbia spinta a questo comportamento.
Non è stato facile neanche per me capire cosa possa pensare una persona che lascia la propria figlia sola a casa per sei giorni. Questa situazione, che all’inizio sembrava inconcepibile anche per me, dopo aver parlato molte volte con gli psichiatri, esperti e persone che si occupano di questi disturbi, ho capito che effettivamente è una tragedia, ma può accadere. Sembra assurdo, ma può succedere.
D.: Come valuta la situazione della sua assistita dal punto di vista psicologico ed emotivo?
R.: È una povera donna, è stata abbandonata da tutti. Cercava disperatamente conforto e qualcuno che l’aiutasse. Stiamo parlando di una donna nata nel 1985, ma sembra nata nel 1800, perché da sola non è in grado di fare nulla. Non per pigrizia, ma perché non è in grado; per questo si faceva venire a prendere dall’autista. Non riusciva a prendere i mezzi pubblici e non aveva la macchina perché non è stata in grado di prendere la patente.
Non ci ha neanche mai pensato, poiché era una cosa che non si faceva in quel tipo di famiglia, e neanche la sorella ha la patente. Comunque, le due sorelle sono state mandate a lavorare a 15 anni dai genitori. Stiamo parlando di un nucleo familiare concepito come se vivessero tutti in un’altra epoca, e la Pifferi è frutto di questa famiglia. Per questo cercava un uomo disperatamente nel momento in cui è rimasta incinta. Sono convinta che lei non lo sapesse davvero, per tanti motivi, e tutti lo hanno detto: non si vedeva che era incinta. Quando si è ritrovata con la figlia, ha pensato che dovesse trovarsi un padre anche per la bambina, oltre che per se stessa.
Infatti, durante l’interrogatorio, ci sono dei lapsusfreudiani molto importanti e interessanti dal punto di vista psichiatrico. Lei parla della bambina, ma in realtà parla di se stessa. Invece di parlare della bambina, dice: ‘Ero al mare con la bambina’. ‘Cosa hai detto al signor Angelo D’Ambrosio? Dove era la bambina quando stavi con lui? “Io gli ho detto che era al mare con mia sorella”. Lei era come se fosse tutt’uno con sua figlia, e purtroppo poi è successo quello che è successo. Lei ora la vive malissimo, molto dispiaciuta per la famiglia.
Non tanto per la sorella, che oltretutto tra loro due c’è parecchia differenza di età, inoltre la sorella è andata via prima di casa e non ha avuto grandi rapporti con lei, ma per sua mamma, che la odia completamente e non vuole più vedere la figlia arrestata. Lei ha scritto diverse lettere in carcere per riallacciare i rapporti con la madre, (se davvero le ha scritte lei) ma questa famiglia l’ha cancellata completamente. E ora lei si trova completamente sola. Io sono rimasta l’unico punto di riferimento, infatti cerco di aiutarla in tutto, le porto dei vestiti, le do dei soldi.
E non è vero che le sono stati mandati cosmetici, profumi o sciocchezze del genere in carcere. Mi pare di aver sentito un difensore che diceva che aveva ricevuto questo genere di prodotti, ma non è affatto vero. Mi rende felice notare che molte persone stanno iniziando a capire la sua effettiva situazione di difficoltà, probabilmente grazie alla mia partecipazione in televisione. Ci tengo a sottolineare che, nonostante il tempo dedicato a questa attività, lo faccio senza ricevere alcun compenso e, allo stesso tempo, sottraendolo al mio lavoro.
Alessia Pifferi al banco dei testimoni; sullo sfondo il Presidente della Corte d’Assise Ilio Mannucci Pacini. Illustrazione di Andrea Spinelli Art
C’è una signora che mi ha contattato e le ha mandato un paio di scarpe. Anche i vestiti che ha, erano miei e delle mie colleghe. La giacca bianca che indossava alle udienze era mia, a me stava larga, e l’ho regalata a lei. Le ho comprato un maglione a righe oro e nero che ha indossato nell’ultima udienza. Cerchiamo di aiutarla. Io sono andata anche al cimitero perché lei me l’aveva chiesto, e io l’ho fatto. Non è un mostro, è una donna che sicuramente ha sbagliato e doveva capire perché ha fatto quello che ha fatto. Mi piacerebbe che tutti la vedessero al di là di quello che ha commesso. Tutti parlano di carità cristiana e poi inneggiano alla pena di morte, che la trovo aberrante. Lei era una donna che non doveva rimanere da sola con la bambina. Non era in grado di gestirla, ma non era in grado di gestire neanche la sua vita. Lei veramente pensava che non sarebbe successo nulla perché lo aveva già fatto e non era mai accaduto nulla.
Ringraziamo Andrea Spinelli Art per averci gentilmente concesso le illustrazioni riguardanti il processo di Alessia Pifferi, noi lo abbiamo intervistato qui il link
Per rimanere aggiornati seguiteci sul nostro sito Golfo dei Poeti news qui il link
Le udienze del processo ad Alessia Pifferi, accusata di aver lasciato morire di fame la figlia, proseguono. Da alcune chat di WhatsApp tra la Pifferi e l’autista della limousine è emerso che la vettura di lusso era stata affittata per portarla da Leffe (BG) a Milano il giorno in cui la figlia è morta e che l’aveva nuovamente prenotata per la stessa sera, con destinazione Leffe Per coprire le spese di questi lussuosi trasporti, aveva inventato il finto battesimo della figliaDiana e aveva ricevuto denaro in regalo da vicini e amici, ma senza averlo mai organizzato. Oltretutto non ha mai fornito alle persone che hanno donato i soldi, foto riguardanti l’evento.
Qui di seguito il primo video dettagliato.
Nell’aula del processo in cui è imputata Alessia Pifferi, si è verificato uno scontro. Secondo la procura, la 38enne, in custodia dal luglio 2022, non avrebbe avuto alcun problema mentale che giustificasse una perizia psichiatrica. Tuttavia, la Corte d’Assise di Milano, in virtù di dubbi sorti, ha deciso di assegnare la perizia, accogliendo la richiesta dell’avvocato di Alessia Pifferi, Alessia Pontenani. L’obiettivo della perizia è stabilire se, al momento del reato, la donna avesse la capacità di intendere e volere e se rappresentasse una potenzialeminaccia per la società.
Secondo video udienza 10 ottobre.
Secondo il pm Francesco De Tommasi, la donna, Alessia Pifferi, non soffre di disturbi mentali ma ha dimostrato un “atteggiamento scellerato” e avrebbe sempre avuto piena “consapevolezza” delle conseguenze per la piccola Diana. Dall’altra parte, la difesa sostiene che la donna ha un quoziente intellettivo comparabile a quello di una “bimba di 7 anni“.
Il pm ha ribattuto affermando: non voglio essere preso in giro, questa signora non ha alcun problema mentale e ha agito in modo scellerato nei confronti della figlia. Un quoziente intellettivo di 40 implica che non sarebbe stata in grado di comunicare nulla nelle precedenti udienze. Tuttavia, durante il suo interrogatorio davanti ai giudici, ha fornito risposte chiare, esprimendo dichiarazioni sconcertanti. Ha dichiarato di essere “consapevole” di quanto aveva fatto e che immaginava che il “biberon” e il “teuccio” che le lasciava a disposizione, bastassero.
Il perito incaricato è Elvezio Pirfo, e la perizia avrà inizio il 13 novembre. In passato, l’esperto ha già affrontato casi noti, come quello di Alberto Scagni di Genova condannato con l’accusa di un disturbo mentale parziale per aver ucciso sua sorella. Circa vent’anni fa, lo stesso, seguì il caso di Annamaria Franzoni di Cogne. In base alle conclusioni del perito, se la Pifferi venisse dichiarata incapace e non imputabile, potrebbe essere assolta per motivi di disturbo mentale e, se ritenuta socialmente pericolosa, potrebbe essere collocata in una struttura psichiatrica. Altrimenti, se venisse riconosciuto un disturbo solo parziale, la donna potrebbe ottenere una riduzione della pena. In caso contrario, se il perito confermasse le affermazioni della procura, Pifferi rischierebbe una condanna all’ergastolo, che è quello che si augurano tutti.
Inoltre è notizia di pochi giorni fa che l’avvocato di Alessia Pifferi ha rivelato che la madre e la nonna della bimba hanno affittato l’appartamento, dopo un’accurata bonifica, dove si è verificata la tragedia. La casa, situata in via Carlo Parea, a Porto Lambro, Milano, è stata affittata a tre persone ed è di proprietà della madre della Pifferi, ed è stata la residenza della figlia fino al giorno dell’arresto, quando la piccola Diana ha perso la vita. La controversia riguarda i proventi dell’affitto, che secondo l’avvocato della difesa, dovrebbero spettare anche alla sua assistita. Per ora l’avvocata non ha ancora inviato la raccomandata per la richiesta, ma è ben intenzionata. Inoltre la sua assistita è nullatenente e disoccupata (non lavora in carcere) per cui avrebbediritto ad una quota legittima del canone di affitto dell’appartamento.
Per rimanere sempre informati seguiteci su Golfo dei Poeti News qui il link
In udienza la Pifferi al Pm: “le chiedo gentilmente di non sgridarmi” e intanto eludeva la domanda che le era stata fatta
Nel processo presso la Corte d’Assise di Milano, Alessia Pifferi, madre della piccola Diana, racconta la sua versione degli eventi. È accusata di omicidio volontariopluriaggravato per la morte della figlia di appena 18 mesi, avvenuta per inedia nel luglio del 2022 dopo essere stata lasciata sola per sei giorni nella casa di via Parea a Linate.
Guarda il video di Alessia Pufferi e le tante sue bugie
Pifferi afferma che aveva già lasciato la bambina da sola in passato, anche se questa volta pensava che il latte fosse sufficiente per nutrirla. La madre afferma che era una pratica eccezionale ma non del tutto inedita: pochissime volte, non ricordo quante. Andavo via e di solito tornavo a casa il giorno successivo. Le lasciavo due biberon di latte, due bottigliette d’acqua e una bottiglia di “teuccio”. Nonostante tutto, afferma che era sempre preoccupata che la bambina avesse abbastanza da bere.
La donna, 37 anni, ha risposto alle domande del Pubblico Ministero Francesco De Tommasi, spiegando che quando tornava a casa, la bambina sembrava tranquilla: giocava con i suoi giocattoli nel lettino. La lavavo, la cambiavo e le davo da mangiare.
L’uomo di Bergamo con cui la Pifferi aveva una relazione
I suoi periodi di assenza erano dovuti alle visite al suo compagno nella provincia di Bergamo, con cui aveva una relazione instabile e dove poteva anche trovare un momento di distacco dalla bambina, che richiedeva molte attenzioni. Tuttavia, sostiene di aver agito come una madre normale: l’accudivo come qualsiasi altra madre. Se stava male, chiamavo l’ospedale, la crescevo.
La Pifferi in udienza
Nel frattempo Marco Garbarini, psichiatra e consulente della difesa di Alessia Pifferi, sostiene che la donna accusata dell’omicidio della figlia ha un deficit intellettivo di grado moderato. Questo deficit le impedisce di provare empatia e comprendere appieno le conseguenze delle sue azioni. Garbarini ha basato le sue conclusioni su test psicologici e relazioni da parte di psicologi di San Vittore. Di conseguenza, l’avvocata di Pifferi, Alessia Pontenani, cerca di convincere i giudici a disporre una perizia psichiatrica sulla capacità di intendere e volere della sua cliente.
Per rimanere sempre informati seguiteci su Golfo dei Poeti news qui il link
Luisa Fascinelli
Alessia Pifferi risponde a modo suo alle domande del PM.