È iniziata la prima udienza presso l’aula della Corte d’Assise di Milano, dove è imputato Alessandro Impagnatiello, l’ex barman di 30 anni accusato di omicidio volontario aggravato, incluso il reato di premeditazione. L’accusa riguarda il tragico omicidio in cui Impagnatiello avrebbe ucciso la sua fidanzata Giulia Tramontano, di 29 anni e incinta al settimo mese, con ben 37 coltellate nella loro abitazione a Senago, nel Milanese, il 27 maggio scorso.
Il legale di parte civile, Giovanni Cacciapuoti, ha dichiarato prima dell’inizio dell’udienza che i familiari di Giulia Tramontano auspicano che la condotta dell’imputato sia sanzionata in modo proporzionata alla gravità del gesto. La famiglia di Giulia chiede, pertanto, una condanna all’ergastolo per l’accusato.
Durante l’udienza Impagnatiello ha rilasciato delle dichiarazioni spontanee: sto chiedendo unicamente a tante persone scusa ma non sarà mai abbastanza. Sono stato preso da qualcosa che risulterà sempre inspiegabile e da disumanità – ha aggiunto. Ero sconvolto e perso. Quel giorno ho distrutto il bambino che ero pronto ad accogliere. Quel giorno anche io me ne sono andato, sono qui a parlare ma non vivo più. Non chiedo che queste scuse vengano accettate, perché sto sentendo ogni giorno cosa vuol dire perdere un figlio e molto di più, non posso chiedere perdono.
La story di risposta a Impagliatello della sorella di Giulia.
Il pentimento di Alessandro Impagnatiello è “assolutamente” sincero, ha dichiarato il suo difensore Giulia Gerardini fuori dall’aula. “Le scuse sono partite da lui. Non sa spiegare quello che è accaduto, è sgomento e si sente molto male. Era la prima occasione per parlare con la famiglia e quindi si è sentito di chiedere scusa sentitamente”. L’avvocato ha poi aggiunto che il barman “si trova in una situazione di grandissimo dolore”. “È appena iniziato il processo, siamo tranquilli e andiamo avanti”.
Il legale ha evidenziato che le dichiarazioni di Impagnatiello arrivano in un momento processuale ancora in fase iniziale. Ha sottolineato che, essendo in questa fase, l’imputato non può essere sottoposto a domande e ha il pieno diritto e la libertà di esprimere ciò che ritiene opportuno per tutelare la sua posizione giuridica. Il legale ha inoltre messo in luce il fatto che le scuse del barman sono giunte sette mesi dopo la tragedia.
“Il signor Impagnatiello non si è reso responsabile di un gesto estemporaneo, ma ha propinato per mesi veleno topicida alla compagna e al proprio figlio. Questa è una cosa che addolora immensamente, sarebbe stato già difficilmente digeribile e inconcepibile se fosse stato frutto di una reazione spontanea spropositata. Le carte dicono cose diverse” ha aggiunto l’avvocato dei Tramontano.
Poco prima dell’inizio dell’udienza, giornalisti e curiosi sono stati fatti uscire dall’aula, che era stracolma. La prima Corte di Assise di Milano ha deciso di vietare le riprese audio e video nel processo a carico di Impagnatiello, poiché nessuna delle parti coinvolte ha acconsentito alle riprese.
Nonostante l’interesse pubblico del procedimento, considerato il primo ad essere celebrato dopo l’emissione della legislazione emergenziale da parte del governo in materia, la Corte ha stabilito che il mancato consenso delle parti deve prevalere, evitando così la documentazione audio e video delle fasi processuali.
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LA SPEZIA-RAGGIRA DUE ANZIANI CON LA SCUSA DEL FALSO INCIDENTE
Continua l’attività di repressione della Squadra Mobile della Questura spezzina per arginare il fenomeno delle truffe in pregiudizio degli anziani. Nell’ultimo anno si è registrato un incremento delle truffe telefoniche in pregiudizio di persone anziane, solitamente consumate ingenerando nelle vittime il timore di un pericolo immaginario ovvero l’erroneo convincimento di assecondare le richieste di un familiare.
Il comune denominatore è costituito dal fatto che l’interlocutore induce le vittime, solitamente persone fragili, a porre in essere atti per loro pregiudizievoli sotto il profilo economico.
Il bilancio dell’ultimo anno, a fronte di una settantina di truffe consumate, è di 9 persone identificate delle quali 3 tratte in arresto in flagranza di reato, 4 denunciate alla Procura della Repubblica per concorso nel reato di truffa e 2 per favoreggiamento personale.
L’ultimo truffatore è stato identificato e denunciato proprio oggi alla Procura dellaRepubblica della Spezia, per un tentativo di truffa nei confronti di una donna ottantaquattrenne ed una consumata in danno di una novantaduenne.
Il primo tentativo di truffa è avvenuto nel centro cittadino, la mattinata del 18 novembre 2023 quando una persona, qualificatasi per un maresciallo dei carabinieri, telefonava all’ottuagenaria riferendogli che, poco prima, la figlia aveva causato un grave incidente stradale. Per rendere più credibile la finzione, per pochi istanti passava al telefono una donna che stava piangendo, facendole credere trattarsi della figlia. Il finto sottufficiale rappresentava alla vittima che, per evitare l’arresto, avrebbe dovuto pagare una cauzione utilizzando tutto il denaro ed i preziosi che la donna aveva a disposizione in casa. Raccolto il denaro ed i gioielli di famiglia, l’anziana attendeva a casa l’arrivo della persona incaricata per ritirarli ma, quando costui suonava alla porta, non apriva avendo nel frattempo maturato il timore di poter essere vittima di un raggiro.
Con analogo modus operandi veniva poco dopo, nel quartiere di Mazzetta, consumata una truffa nei confronti della novantaduenne. Secondo un ormai collaudato copione il finto carabiniere la informava che il figlio aveva causato un grave incidente stradale con feriti. Subito dopo riceveva la telefonata da parte di un altro complice, un sedicente avvocato che, con la scusa di dover pagare subito i danni per dissuadere i familiari del ferito a sporgere denuncia, invitava l’ignara vittima a consegnare ad un incaricato tutto il denaro ed i preziosi custoditi in casa. Seguendo le istruzioni del falso legale l’anziana consegnava ad un uomo, che si presentava sotto l’abitazione, la somma di 3.000 euro in contanti e diversi oggetti preziosi.
Le indagini tempestivamente avviate dagli uomini e donne della Squadra Mobile consentivano, dapprima di raccogliere la denuncia delle vittime e, grazie alle indicazioni fornite, acquisire una serie di immagini tratte dalle telecamere di sicurezza cittadine, risultate indispensabili per riuscire ad identificare l’uomo incaricato a ritirare il denaro.
Nel primo caso quest’ultimo si era recato sotto casa della ottantaduenne, suonando insistentemente alla porta per farsi consegnare il provento del reato, ma desistendo dall’intento in quanto la stessa non apriva. Nella seconda, invece, lo stesso uomo portava a termine la truffa facendosi consegnare denaro e preziosi, per dileguarsi poi rapidamente nelle vie del centro città.
La diramazione a livello nazionale delle immagini raccolte consentiva, dopo un paio di mesi, di identificare l’autore del reato per un trentatreenne di origine campana, già gravato da precedenti di Polizia specifici.
L’uomo è stato recentemente fermato alla Stazione di Napoli da personale della PoliziaFerroviaria in occasione di un mirato controllo e indagato per una truffa consumata in pregiudizio di un’altra persona. Nel frangente vestiva con alcuni degli stessi particolari capi di abbigliamento ripresi dalle telecamere di sicurezza in occasione del tentativo e della truffa consumata alla Spezia.
Il giovane, proprio grazie alle immagini raccolte, veniva riconosciuto con certezza dagli investigatori della Squadra Mobile, oltre che per i capi di abbigliamento e per i tratti somatici, anche per una particolare cicatrice in prossimità di un occhio.
Il trentatreenne, un truffatore seriale, è stato denunciato alla Procura della Repubblica per tentata truffa e truffa consumata, entrambe aggravata dall’aver agito in pregiudizio di persone caratterizzate da minorata difesa a causa dell’avanzata età mentre sono tuttora in corso accertamenti finalizzati ad identificare il complice “telefonista”.
Nell’ottica di prevenire questi insidiosi reati è in atto una mirata campagna di informazione da parte delle forze dell’ordine, illustrando le più diffuse tecniche utilizzate per consumare questo tipo di truffe, fornendo consigli per evitarle e raccomandando, in ogni caso sospetto, di contattare sempre e senza esitazioni il numero di emergenza “112”.
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La sorella di Giulia Tramontano, Chiara, intervistata alla trasmissione Ore 14 su Rai Due di MiloInfante, sottolinea l’importanza che Impagliatello, responsabile dell’omicidio della 29enne venga condannato all’ergastolo: “almeno quando guarderemo la lapide di mia sorella, sapremo che la persona che le ha causato tutto questo e ci ha distrutto la vita, non ha nemmeno lui più una vita”.
Le parole di Impagliatello appena arrivato in carcere: ieri bevevo il caffè in via Montenapo(leone) e oggi sono a San Vittore, continuando a mostrarsi spavaldo come se fosse lì per una casualità, e non perché ha ucciso Giulia.
Il 30enne ex barmanAlessandro Impagnatiello, accusato di omicidio volontario aggravato per la morte della fidanzata Giulia Tramontano, incinta al settimo mese, è rappresentato dagli avvocati Giulia Geradini e Samanta Barbaglia, che hanno indicato uno psicologo e uno psichiatra, come due unici testimoni/consulenti, per la prima udienza davanti alla Corte d’Assise di Milano (i giudici togati sono: Antonella Bertoja e Sofia Fioretta e sei popolari).
La decisione della difesa di chiamare solo esperti del settore come testimoni sembra orientarsi verso una possibile richiesta di perizia psichiatrica per valutare la capacità di intendere e volere di Impagnatiello al momento dei fatti. Le relazioni dei consulenti non sono ancora state depositate.
Dall’altra parte, l’accusa rappresentata dall’aggiunto Letizia Mannella e dal pm AlessiaMenegazzo ha incluso nella lista dei testimoni gli investigatori che hanno condotto l’inchiesta, i consulenti tecnici responsabili degli accertamenti scientifici, e tutti i familiari della vittima.
Tra i testimoni dell’accusa sarà presente anche l’altra donna con cui il 30enne aveva contemporaneamente una relazione. La 23enne italo/inglese, che aveva conosciuto e dimostrato solidarietà a Giulia proprio il 27 maggio, dichiarò di non aver fatto entrare Impagnatiello in casa quella stessa sera per “paura”, come da verbale. In base alle indagini, gli inquirenti hanno sempre considerato la possibilità che avrebbe potuto uccidere anche lei.
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Gli utenti sui social non hanno visto di buon occhio questa mossa
Gino Cecchettin ha scelto di affidare la gestione della sua comunicazione alla Andrew Nurberg Agency. Quest’ultima, oltre a occuparsi di comunicazione, è anche un’agenzia letteraria specializzata nella rappresentanza di autori di narrativa per ragazzi e fiction provenienti da tutto il mondo. Il padre di Giulia, tragicamente uccisa da Filippo Turetta, ha ora come agente Barbara Barbieri, operante in un’agenzia di comunicazione specializzata nel supporto a scrittori ed autori di fiction.
Il quotidiano IlGazzettino riporta che Barbara Barbieri sarà responsabile dei rapporti con la stampa per conto del signor Cecchettin, il quale attualmente desidera dedicarsi al riposo. “Il signor Cecchettin ha bisogno di un periodo di tranquillità”, ha comunicato ai giornalisti l’agente. Attualmente, Gino Cecchettin si è preso una pausa e ha scelto di non rilasciare interviste o dichiarazioni. La famiglia, in questi giorni, ha optato per una dimensione più riservata.
Lo zio di Giulia, Andrea Camerotto, ha condiviso una lettera firmata “un tuo coetaneo, Filippo“, nella quale un giovane esprimeva pentimento per i problemi causati alla sua ex fidanzata.
Le prossime mosse sono ancora avvolte nel mistero, ma alcuni già ipotizzano la creazione di una serie o fiction che racconti la vita di Giulia, dall’ambizione della laurea al sogno infranto, passando per la relazione problematica con Filippo fino alla tragica conclusione con l’omicidio.
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L’Istituto della Enciclopedia Italiana Treccani ha scelto “femminicidio” come parola dell’anno 2023. La scelta è stata motivata dalla necessità di porre l’attenzione sul fenomeno della violenza di genere, in particolare sulla sua forma più estrema, ovvero l’uccisione di una donna per motivi legati al suo sesso.
Dal dizionario Treccani definizione della parola: femminicìdio s. m. – Termine con il quale si indicano tutte le forme di violenza contro la donna in quanto donna, praticate attraverso diverse condotte misogine (maltrattamenti, abusi sessuali, violenza fisica o psicologica), che possono culminare nell’omicidio.
La parola “femminicidio” è un neologismo di origine latina, composto da “femmin-” (femmina) e “-cidio” (uccisione). La prima volta che la parola “femminicidio” è stata utilizzata in un contesto accademico è stata nel 1992, in un articolo della criminologa femminista Diana E. H. Russell. Russell ha definito il femminicidio come “l’uccisione didonne da parte di uomini in quanto donne”. Il termine fa la sua comparsa nella nostra lingua solo nel 2001 ed è stato registrato nei Neologismi Treccani nel 2008.
In Italia, il numero di femminicidi è in aumento negli ultimi anni. Nel 2023, sono stati registrati 113 casi, un aumento del 10% rispetto al 2022.
La scelta di “femminicidio” come parola dell’anno da parte della Treccani è un atto importante che contribuisce a sensibilizzare l’opinione pubblica su un problema grave e diffuso. La parola “femminicidio” aiuta a comprendere che l’uccisione di una donna non è un semplice crimine, ma un atto di violenza misogina e patriarcale che va combattuto.
Il fenomeno del femminicidio, è infatti, strettamente intrecciato con una mentalità patriarcale che, purtroppo, persiste tuttora in Italia e in molte parti del mondo. Questa connessione rivela una triste realtà in cui le disuguaglianze di genere, il controllo maschile e una visione retrograda della donna contribuiscono a creare un ambiente fertile per la violenza contro le donne, ma di questo ne parleremo in un altro articolo dedicato.
La Treccani ha inoltre lanciato una campagna di comunicazione #leparolevalgono, volta a promuovere un uso corretto e consapevole della lingua. La campagna si concentra su alcune parole che sono legate a temi importanti, come la violenza di genere, il razzismo e l’omofobia.
Il femminicidio ha un impatto devastante sulle donne e sulle loro famiglie. Le donne che sono uccise dai loro partner o da altri uomini spesso hanno subito anni di abusi prima della loro morte. I loro familiari devono affrontare il dolore e il trauma della perdita di una persona cara, spesso in circostanze terribili.
Esistono diverse cose che possono essere fatte per combattere il femminicidio (anche se c’è ancora da lavorare parecchio). Tra queste:
Educazione: già dalla tenera è importante educare i bambini ad avere rispetto per le donne. Questo perché quando sono piccoli imparano dai modelli che girano intorno a loro. Se i bambini vedono gli adulti trattare le donne con rispetto, è più probabile che imparino a fare lo stesso.
Legislazione: le autorità devono indagare sulla denuncia rapidamente e in modo efficace. Ciò aiuterà a garantire che la donna non si debba sentire in pericolo e che l’autore della violenza venga subito allontanato senza possibilità di avvicinarsi, cosa che però spesso non accade.
Supporto alle vittime: è importante fornire supporto alle donne che hanno subito violenza.
La scelta di “femminicidio” come parola dell’anno da parte della Treccani è un passo importante nella lotta contro questo fenomeno. La parola aiuta a sensibilizzare l’opinione pubblica su un problema grave e diffuso che non si riesce ancora ad abbattere.
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LA SPEZIA- INTERVIENE LA POLIZIA DI STATO A SEGUITO DI UNA LITE IN CENTRO CITTA’
È stato identificato dagli uomini della Squadra Mobile della Questura della Spezia il probabile autore dell’aggressione con l’uso di arma bianca consumato, nei confronti di un giovane, in via Gramsci, all’altezza di vico delle Mura, nel centro cittadino.
Quella notte, a seguito di una lite scaturita per futili motivi, l’autore del reato, un ventiduenne cittadino dominicano regolare sul territorio nazionale, aggrediva con violenza un suo coetaneo, procurandogli lesioni personali anche con ferite da taglio.
Le fasi dell’aggressione sono state dettagliatamente ricostruite dagli investigatori grazie all’escussione di testimoni presenti ai fatti, nonché all’analisi delle immagini tratte dalle telecamere di sicurezza cittadine, che hanno registrato le fasi salienti del fatto.
Non si evincono nella dinamica e nelle motivazioni del gesto, fatti legati allo spaccio di stupefacenti o ad altri moventi di carattere criminale, essendo scoppiata la lite per fatti meramente episodici.
L’autore del reato è stato denunciato alla Procura della Repubblica presso il Tribunaledella Spezia per lesioni personali aggravate dall’uso di arma bianca nonché per porto di oggetti atti ad offendere, con l’ulteriore aggravante di aver agito per futili motivi.
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Nel nulla da 12 giorni insieme al marito dal Cremonese, Rossella Cominotti, 53 anni, è stata scoperta senza vita ieri mattina in una camera d’albergo a Mattarana, frazione di Carrodano nella provincia della Spezia, dal personale addetto alle pulizie. Questo tragico episodio la rende la 110ma vittima di femminicidio nel nostro Paese nel corso del 2023.
Secondo gli inquirenti, il coniuge, Alfredo Zenucchi, 57 anni, sarebbe il responsabile dell’omicidio. L’uomo è stato fermato in Lunigiana dopo una breve fuga e ha confessato il crimine alle forze dell’ordine. La coppia avrebbe apparentemente deciso di compiere un gesto estremo insieme, ma, dopo aver ucciso la moglie, Zenucchi non sarebbe riuscito a togliersi la vita e avrebbe preferito fuggire. Al momento, il movente di questo drammatico episodio rimane avvolto nel mistero, lasciando molte domande senza risposta.
Il corpo della vittima è stato trovato sul letto, riverso e con profonde ferite da taglio, accanto a un rasoio a mano libera, probabilmente l’arma del delitto utilizzata dall’omicida per colpire ripetutamente. Il marito è stato fermato mentre guidava un’auto durante un posto di blocco dei carabinieri a Terrarossa, nel Comune di Licciana Nardi, provincia di Massa Carrara. Senza opporre resistenza, è stato immediatamente sottoposto a interrogatorio. La coppia, residente a Cavatigozzi alle porte di Cremona e proprietaria di un’edicola nel centro di Bonemerse di fronte al palazzo del Comune, non era più stata vista da circa due settimane. Una parente di Rossella aveva lanciato un appello disperato su Facebook nelle ultime ore, sottolineando che “in famiglia c’è molta apprensione” riguardo al destino della donna.
Siamo alla ricerca di Rossella, “assente da casa insieme al marito da ben 12 giorni,” ha scritto. “La coppia risiede a Bonemerse, ma i loro telefoni non rispondono più né a chiamate né a messaggi su whatsapp. Per favore, dateci una mano.”
Successivamente, è stata fatta la terribile scoperta del cadavere di Rossella. Si è poi scatenata una caccia all’uomo tra Liguria e Toscana dopo una fuga che, sorprendentemente, non era neanche organizzata. La fuga, infatti, è durata solo una manciata d’ore.
Il cadavere di Rossella Cominotti, una turista di 53 anni originaria di Cavatigozzi in provincia di Bergamo, è stato scoperto stamani verso le 9 nella stanza di un hotel a Mattarana, una frazione della Spezia, dall’inserviente incaricato della pulizia della stanza. La donna presentava profonde ferite causate da un’arma da taglio.
Sul luogo del ritrovamento del cadavere sono intervenuti i magistrati, i carabinieri di Borghetto Vara, la polizia provinciale della Spezia, il personale del 118 di Brugnato e la Croce Rossa di Sesta Godano. I titolari dell’albergo hanno espresso parole di sconvolgimento di fronte alla tragica situazione.
La locanda dove alloggiava la coppia
Il marito, Alfredo Zenucchi, 57 anni, si è allontanato con la propria auto, una C3 bianca. È stato successivamente rintracciato in Lunigiana e attualmente è sottoposto a interrogatorio da parte degli inquirenti alla Spezia.
La coppia alloggiava nella locanda da una settimana e avrebbe dovuto ripartire oggi. Considerando che in inverno la locanda è solitamente frequentata da operai, è già strano che la coppia avesse scelto di alloggiare in questo posto.
Le immagini catturate dalle telecamere posizionate nelle vicinanze dell’albergo sono state un ausilio per gli investigatori.
Nel cremonese, la coppia, che gestisce l’edicola in centro a Bonemerse di fronte al palazzo comunale, non si vedeva più da 12 giorni. La loro attività è stata chiusa senza preavviso. La cugina della donna ha pubblicato un post su Facebook, invitando chiunque avesse notizie della coppia a farsi avanti: “I telefoni”, si legge nel post, “non ricevono più chiamate e neanche WhatsApp funziona. Le forze dell’ordine sono da giorni al lavoro e in famiglia c’è molta preoccupazione”.
Facciamo rumore e rompiamo la catena del silenzio, nel tessuto complesso della società globale, la violenza contro le donne continua a persistere come una piaga insidiosa e dilagante. La Giornata Internazionale contro la Violenza sulle Donne, celebrata ogni 25 novembre, non è solo un richiamo doloroso alle sfide che le donne affrontano quotidianamente, ma anche un momento di riflessione sulla necessità impellente di unire le forze per porre fine a questo massacro.
È fondamentale ricordare che la violenza non si limita solamente a manifestazioni fisiche, ma comprende altresì forme di aggressione verbale. La forza distruttiva delle parole può avere un impatto profondo e dannoso sulla salute mentale ed emotiva, sottolineando l’importanza di riconoscere e affrontare anche la violenza verbale.
Palazzo Chigi Facciamo i fatti non le parole
La violenza contro le donne assume molte forme, spaziando dalla violenza domestica alla tratta di esseri umani, dallo stalking alla discriminazione e al mobbing sul lavoro.
Questa giornata non solo mira a sensibilizzare l’opinione pubblica, ma anche a confrontarci con la cruda realtà di milioni di donne che affrontano abusi fisici, psicologici ed economici, spesso mantenuti nell’ombra dalla paura delle conseguenze che si teme di affrontare.
La violenza sulle donne si insinua nelle fondamenta della società, non limitandosi a un problema individuale ma radicandosi nelle strutture sociali e familiari. Questa presenza è alimentata da una mentalità retrograda e da un analfabetismo culturale che favorisce la vergogna e la paura. Questi elementi ostacolano le vittime, impedendo loro di rompere il silenzio e denunciare gli abusi subiti.
L’educazione è la radice della prevenzione, la famiglia, la scuola e la comunità devono lavorare insieme per promuovere una cultura di rispetto reciproco e uguaglianza di genere. Insegnare ai giovani il valore della consapevolezza e del rispetto fin dalla prima infanzia è fondamentale per abbattere gli stereotipi di genere e instillare valori che contribuiranno a creare una società più sana ed equa.
È importante che tutte le donne prendano visione di questa intervista dell’avvocato Pontenani qui il link
La violenzacontro le donne è spesso legata alla disparità salariale. Promuovere l’empowerment economico delle donne, garantendo loro accesso a opportunità di istruzione e lavoro, è cruciale per rompere il ciclo della violenza. L’autonomia finanziaria può dare alle donne la libertà di uscire da situazioni abusive e costruire una vitaindipendente.
Creare reti di supporto psicologico e giuridico è essenziale per aiutare le vittime a superare il trauma e perseguire la giustizia. Le istituzioni devono promuovere ambienti sicuri in cui le donne si sentano libere di denunciare gli abusi senza timore diripercussioni. Inoltre, è imperativo che i sistemi giuridici siano efficaci nel punire con severità coloro che commettono atti di violenza, senza concedere giustificazioni o considerare particolari circostanze attenuanti che potrebbero portare a riduzioni delle pene.
In conclusione solo attraverso uno sforzo collettivo, possiamo sperare di creare un ambiente in cui le donne possano vivere senza paura, godendo appieno dei loro diritti e della loro dignità. La completa tutela delle donne è un obiettivo che richiede un impegno incessante da parte di tutte le istituzioni, mirando a costruire un futuro in cui la violenza di genere sia solo un ricordo del passato, non una realtà presente.
Solo tra qualche decennio potremo forse apprezzare gli sforzi odierni nel plasmare una generazione liberata dalla tossicità del passato.
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L’avvocato Pontenani ci illustra dettagliatamente cosa fare in caso di violenze
Abbiamo chiesto all’avvocato Alessia Pontenani, difensore di Alessia Pifferi nel processo in corso, di analizzare l’omicidio di Giulia Cecchetin e di offrire il suo parere su come affrontare il fenomeno esponenziale della violenza sulle donne e dei femminicidi. La ringraziamo per questa intervista molto interessante ed esaustiva. Vi invitiamo a leggerla attentamente, perché contiene informazioni importanti che le donne devono conoscere per tutelarsi.
D.: Avvocato Pontenani, focalizzandoci sul caso di Giulia Cecchettin, in cui sembra che non ci fossero stati segnali di violenza fisica da parte dell’ex se non quelli verbali, secondo la sua esperienza legale, quali potrebbero essere state le possibili misure o segnali che Giulia avrebbe potuto rilevare per capire che potesse essere in pericolo o non era possibile prevedere quello che è accaduto?
R.: Purtroppo, c’è sempre un elemento di controllo; non è necessaria la violenza fisica. Il controllo sul telefono, poi, è una forma comune. Ovviamente, in molti casi che seguo, c’è anche l’abuso di sostanze stupefacenti che non è il caso di Filippo Turetta, che è un ragazzo, all’apparenza normale che frequentava l’università. Tuttavia, ciò non significa che il controllo finisca sempre con una forma di ossessione.
Ogni tanto, penso da femminista come sono, che abbiamo acquisito e conquistato così tanto potere e così tanta libertà che facciamo paura. La donna libera, magari più abile dell’uomo all’università, che studia e ha più successo anche dal punto di vista economico, spaventa. Ci sono uomini che fuggono e altri che si ribellano, come se si ribellassero al nostro nuovo potere acquisito, cercando poi di punirci.
D.: Può un ragazzo, come Turetta, considerato da tutti un bravo ragazzo, trasformarsi in un mostro? Com’è possibile che nessuno sia stato in grado di percepire il suo profondo disagio sia in famiglia che al di fuori di essa?
R.: Stavo leggendo che Turetta è sempre stato un bravo ragazzo, tranquillo e perfetto. Tuttavia, sembra che sia stato molto solo. I suoi genitori gestivano un ristorante e erano sempre impegnati con il lavoro. Questo mi fa riflettere sul fatto che forse non diamo abbastanza attenzione ai nostri figli. Non ci rendiamo conto che spesso sono soli, davvero soli. E queste possono essere le conseguenze. In una dichiarazione ai giornalisti, il padre ha rivelato che il figlio gli aveva confessato il desiderio di suicidarsi dopo che Giulia lo aveva lasciato. Di conseguenza, ci si sarebbe aspettati che il padre avesse preso delle misure in merito.
All’apparenza poteva sembrare che non avesse particolari problemi, ma un ragazzo che girava in macchina con un coltello e dei sacchi neri, suggerisce una certa premeditazione. Certo, potrebbe essere stato un raptus improvviso o una discussione, ma il fatto che avesse un coltello e abbia nascosto il cadavere fa pensare che non sia stato così improvviso. Forse era convinto di fare una fuga d’amore o ha reagito a un rifiuto. Mi dispiace solo che non abbia avuto il coraggio di ammazzarsi, avrebbe fatto la cosa migliore.
D.: Se si trovasse a difendere Filippo Turetta, accusato di un crimine così grave come un omicidio aggravato dal fatto che il reato è stato commesso nei confronti di una persona con cui aveva una relazione affettiva, come affronterebbe la sfida di difendere un caso così difficile di fronte a un’accusa così grave?
R.: Non possiamo escludere la possibilità di motivazioni sconosciute o l’eventuale coinvolgimento di terze persone di cui non siamo a conoscenza. In ogni caso, FilippoTuretta si difende, come si farebbe con chiunque, poiché tutti hanno il diritto di essere difesi. Sebbene questo caso sia terribile, non sembra particolarmente complicato. Non credo che si possa sollevare dubbi sulla sanità mentale di questo ragazzo, che sembrava essere in perfetta salute. Non c’è molto da fare; si procederà a dibattimento e in Corte d’Assise. L’opzione dell’abbreviato non c’è, forse per ottenere attenuanti, si potrebbe acconsentire all’acquisizione degli atti senza richiedere ulteriori prove. Forse con attenuanti generiche, come la giovane età e il comportamento processuale, potrebbe ottenere una pena di 30 anni rispetto all’ergastolo, ma in questo caso, le possibilità di fare qualcosa è molto limitata. Anche nel caso di Impagliatello, so che richiederanno una perizia psichiatrica, la chiedono, ma è lucidissimo il ragazzo, c’è poco da fare la perizia, è solo un cretino. C’è da dire che Turetta ha dato il consenso per l’estradizione, altrimenti la pratica sarebbe stata molto più lunga, almeno questo lo ha fatto, anche se poi si è avvalso dalla facoltà di non rispondere, quando è stato arrestato in Germania.
D.: Come può una donna attivare il Codice Rosso in presenza di aggressioni verbali gravi da parte di un uomo, considerando che il protocollo è principalmente associato alla violenza fisica?”
R.: Bisogna presentare una denuncia, raccontando quanto è accaduto. Non sempre, però, dall’altra parte c’è disponibilità e non sempre si trova aiuto. Ad esempio, in via Fatebenefratelli, parlo per Milano, c’è un gruppo che si occupa esclusivamente di questo tipo di reati, al quale ci si può rivolgere (anche per esporre denuncia). Non ci si deve aspettare immediatamente un’azione, a meno che non si tratti di un reato e si chiamino le autorità per un intervento sul luogo, specialmente quando si è vittime di qualsiasi forma di violenza, anche se si tratta di uno o due schiaffi senza necessariamente sfociare in violenza sessuale. È fondamentale però avere il coraggio di denunciare, senza timore di non essere credute.
Certamente, è vero che tutto ciò che accade deve essere ripetuto in tribunale. Molte volte, ho avuto delle clienti che hanno manifestato paura perché pensavano di dover poi rivedere l’imputato. Tuttavia, è importante sapere che esistono forme di protezione anche in tribunale. Ovviamente, ogni denuncia porta a un processo, e durante il dibattimento, quando è necessario ripetere quanto accaduto, che sia stato un atto di violenza verbale o fisica, ci sono dispositivi come il paravento. Questo garantisce che le vittime, che hanno il coraggio di parlare, non siano visibili e non debbano affrontare direttamente anche gli avvocati della difesa che a volte possono incutere timore.
Per quanto riguarda la presenza di prove materiali come video o messaggi può essere estremamente utile e migliorare la solidità di un caso. Dovete sapere che anche in assenza di prove fisiche evidenti, specialmente nei casi di violenze sessuali, la testimonianza della vittima ha spesso un peso significativo. Le leggi e le prassi legali stanno sempre più riconoscendo l’importanza di credere alle vittime, anche quando mancano prove tangibili.
D.: Considerando la sua esperienza come avvocato penalista, come potrebbe essere affrontato il problema dei femminicidi in Italia? Quali, secondo lei, sono le possibili lacune nelle politiche governative o nella cultura patriarcale maschile che potrebbero contribuire a questa tragica realtà? E quali proposte o azioni ritiene potrebbero essere adottate per prevenire e contrastare efficacemente questo fenomeno?”
R.: Per quanto mi riguarda, la procura di Milano funziona bene, si tratta solo di velocità, cosa che non funziona invece adesso sono le procure limitrofe, ad esempio Monza. Per la mia esperienza, non funziona affatto. Faccio un esempio: una mia assistita denunciò la violenza sessuale del marito e noi al processo arrivammo dopo tre anni. È tutto completamente inutile, anche perché, insomma, il tempo che era trascorso era tanto.
Io, sinceramente, ritenerei opportuno aumentare ulteriormente le pene. Per il resto, in realtà, le cose funzionano; dovrebbe esserci un maggiore ascolto da parte delle autorità, poiché non sempre si viene ascoltati. Recentemente ho avuto una cliente che ha subito l’ennesima violenza sessuale da parte dell’ennesimo compagno. Questa donna è un po’ borderline nel senso che trova sempre soggetti che le fanno del male, ma questo non vuol dire nulla; se li sceglie male. In provincia di Milano le hanno detto: ma ancora…sei sempre qui, ecco non c’è abbastanza empatia.
Bisognerebbe aumentare il finanziamento destinato ai contributi per la polizia, consentendo l’assunzione di più personale. In questo modo, potrebbero operare al massimo delle loro capacità, attualmente stanno facendo quello che possono. In questo momento, la mancanza di fondi impedisce di fornire risorse sufficienti, inclusi aumenti di stipendi. Dovrebbe essere prioritario garantire, che il personale sia specializzato e costantemente affiancato da psicologi. L’inclusione di personale femminile sarebbe auspicabile per favorire una comprensione più approfondita delle situazioni che si verificano.
Non è semplice per una donna in una relazione capire se è in pericolo, perché non sempre i partner sono violenti; magari, apparentemente, sembrano tranquilli. Tuttavia, la donna solitamente si accorge di eventuali sospetti, più che altro il problema è che non deve farsi spaventare da ciò che potrebbe accadere in seguito, se non lavorano. Le donne, che hanno disponibilità economica, possono fare qualsiasi cosa, ma accade al contrario che spesso una donna sia vittima anche della scarsità di mezzi rispetto all‘uomo. Il timore a denunciarlo è proprio questo, che se lui andrà in carcere, lei che fine farà? Bisognerebbe aiutarle anche da questo punto di vista.
Dovremmo assistere le donne che hanno problemi economici a rifarsi una vita e far capire loro che possono andare avanti senza un uomo, capire che lavorare e guadagnare per sé stesse è possibile. In questo contesto, dovrebbero esserci dei contributi statali, soprattutto all’inizio. In ogni caso, la soluzione non è la casa famiglia o la comunità, almeno non per tutte.
Non tutte sanno che quando si è vittime di questi tipi di reati, a prescindere da quello che è il reddito, si accede al patrocinio a spese dello Stato. È essenziale essere a conoscenza del fatto che l’avvocato viene pagato dallo Stato. È un servizio importante ed è un problema in meno da affrontare e funziona bene. Ci sono degli elenchi, dove si può scegliere l’avvocato, che dopo due anni che è iscritto all’albo, è automaticamente iscritto alle liste di patrocinio a spese dello Stato.
Lo Stato paga molto poco a noi avvocati. In ogni caso di può andare da qualsiasi avvocato per chi è vittima di questo tipo di reato. (Normalmente il patrocinio dello Stato l’hanno aumentato fino a 12.000 euro all’anno e quindi basta prendere 1.300 euro al mese con la busta paga e con la 13ª, e sei fuori dal diritto di ottenerlo per tutti gli altri tipi di reato, intendo.)
È fondamentale sapere anche che l’avvocato che viene ammesso al patrocinio dello Stato, non deve essere pagato, e se ci fosse qualcuno che chiedesse denaro, rischia la cancellazione dall’albo. Oltre che è un processo penale.
D.: Vuole aggiungere qualche suo pensiero a termine di questa intervista?
R.: Mi auguro che le nuove generazioni cambino. Questi casi ci sono sempre stati, ma non se ne parlava. A pensare che prima c’era anche il delitto d’onore. Più che altro, noi genitori, e mi metto per prima, dovremmo avere un dialogo maggiore con i figli e far capire che le delusioni d’amore possono capitare e si deve andare avanti. Tutti quanti abbiamo avuto fallimenti sentimentali, ma sono anche il bello della vita. Però, bisogna anche affrontare la situazione e che non si risolvono con reazioni violente.
Poi magari verrà fuori che Turetta non era così tanto sano di testa. Certo, poi potrebbero chiedere la perizia psichiatrica se venissero fuori dei precedenti di natura psichiatrica, o che fosse in cura da uno psicologo. Uno all’apparenza troppo tranquillo mi fa sempre paura e in questo caso abbiamo visto il risultato, poi c’è andata di mezzo quella povera ragazza. Si voleva suicidare quando è stato lasciato, anche io sono stata lasciata da fidanzati, ma non ho mai pensato di ammazzarmi, a prescindere dalle età.
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