Categoria: Cronaca nera

  • Danila Pescina psicologa studia il disturbo narcisistico di Impagnatiello

    Danila Pescina psicologa studia il disturbo narcisistico di Impagnatiello

    Golfo dei Poeti 
Danila Pescina


    Il disturbo narcisistico non è mai da sottovalutare 

    Danila Pescina, psicoterapeuta e criminologa, ci ha gentilmente rilasciato un’altra intervista in cui analizza nel dettaglio Impagnatiello, il presunto assassino reo confesso del femminicidio di Giulia Tramontano, e il suo disturbo narcisistico.

    La dott.sa Danila Pescina è psicologa, criminologa e psicoterapeuta. Specialista in Psicoterapia Breve ad Approccio Strategico. Esperta in Psicologia delle Dipendenze. Università degli Studi Internazionali di Roma – UNINT – Giudice Onorario del tribunale di sorveglianza di Milano.

    D.: Alla luce del caso di Impagnatiello, in che modo il narcisismo potrebbe essere stato  un fattore contributivo nel comportamento violento dell’aggressore?
    R.: Viviamo in un’epoca in cui il narcisismo è un tema che riguarda un po’ tutti. Infatti, in questi decenni, a partire dai social, c’è una tendenza a mostrarsi in modo perfetto, bello e affascinante. Quando il narcisismo diventa preoccupante, si arriva a vedere solo se stessi e non gli altri. Questo è il caso di Impagnatiellodove il narcisismo ha giocato un ruolo determinante nella relazione. Da quanto emerso, lui ha ucciso la fidanzata Giulia il giorno in cui c’era stato il confronto tra lei e l’amante, nonché collega di Impagnatiello. Quella sera, Giulia era pronta a chiudere definitivamente la loro relazione, avendo scoperto tutte le bugie che il fidanzato le raccontava da mesi. Per queste motivazioni non possiamo parlare di un raptus, per quanto riguarda la decisione di porre fine alla vita di Giulia, poiché è emerso che da tempo lui cercava di avvelenarla con il topicida. Impagnatiello voleva che lei abortisse perché riteneva che il bambino potesse essere un impedimento per la sua vita e per i suoi progetti futuri. Questo atteggiamento egoistico è tipico del tratto narcisistico.

    Impagnatiello
    Impagnatiello con capelli rasati e senza barba

    D.: Giulia avrebbe potuto essere salvata? Poche ore prima di essere uccisa, Giulia si è incontrata con l’amante di lui a Milano. Non sarebbe dovuta andare?
    R.: Abbiamo visto, infatti, che i messaggi che Giulia aveva inviato a un’amica dopo l’incontro con l’amante di lui erano molto forti. Scriveva di essere scioccata dalla vita che lui conduceva e dalle cose che faceva, anche sul lavoro, dove raccontava persino che la madre era malata. Questo ci fa capire quanto un narcisista, manipolatore e bugiardo possa arrivare a costruirsi un fitto castello di bugie nella vita quotidiana con tutte le persone con cui si confrontava. Infatti, Giulia è stata uccisa quella stessa sera, dopo l’incontro con l’altra donna, sua rivale. Lei gli aveva scritto dei messaggi, in cui faceva capire che aveva intenzione di tornare al suo paese, in provincia di Napoli, di lasciarlo e di andarsene con il figlio. Per il narcisista, il fallimento è impensabile e inaccettabile. Ricordiamo che lui veniva già da un fallimento relazionale, con un altro figlio avuto da una precedente relazione. La sua unica strada era distruggere chi fosse al suo fianco, vedendola come la persona che avrebbe boicottato i suoi obiettivi.

    D.: Quali sono le cause e i fattori di rischio che possono contribuire allo sviluppo del disturbo narcisistico di personalità?
    R.: È importante ricordare e sottolineare che il narcisista non vede l’altro se non per i propri scopi, per quello che può guadagnare o ottenere dalla relazione. Non riconosce i problemi o le difficoltà della compagna, vede solo se stesso. Questa è una riflessione fondamentale da fare. Per tornare ad essere il protagonista della sua vita, doveva annientare chi gli era accanto. Solo così poteva sentirsi nuovamente al centro della propria esistenza, perché il narcisista non riesce a vedere o amare nessun altro se non se stesso. Certamente, parlare dei fattori che portano al disturbo narcisistico di personalità in maniera così esasperata è difficile. Si può discutere dell’infanzia, ma nel momento attuale in cui viviamo, il tratto narcisistico, purtroppo appartiene a molte persone. Non mi riferisco al narcisismomaligno o dannoso, ma a quello che spinge a voler essere belli a tutti i costi, a dimostrare tramite i social di essere affascinanti, senza rughe, senza difetti fisici per le donne, e con addominali scolpiti per gli uomini. In un’epoca in cui tutto viene relegato al mostrare di essere qualcosa che forse non si è veramente, mentre interiormente ci si sente sgretolati, si capisce quanto il tratto narcisistico appartenga a questa generazione, sicuramente più che a quella di cinquant’anni fa. 

    Una riflessione aggiuntiva su questo tipo di uomini che arrivano alla violenza, fino a uccidere la compagna e la madre dei loro figli, rivela molte paure che non vanno giustificate, ma analizzate. L’idea di volerle analizzare non porta a perdonare o giustificare in alcun modo, ma è importante ricordare che tra le paure di questi soggetti ci sono: la paura di sentirsi deboli, di essere fragili, del giudizio esterno, di provare emozioni difficili da gestire, di soffrire, del vuoto, della solitudine, della sofferenza, dell’abbandono e del fallimento. Questo riguarda anche il caso di Impagnatiello e il famoso castello che aveva costruito. 
    Una mia riflessione relativa al concetto di variabili della violenza, in presenza di un tratto narcisistico in una persona, evidenzia quattro variabili che ruotano attorno alla violenza. La prima è la teoria culturale, legata a stereotipi, credenze e ruoli trasmessi dalla famiglia di origine. La seconda è la variabile del panico da abbandono, collegata a patologie dell’attaccamento e a una dipendenza affettiva che impedisce di gestire l’abbandono del partner. La terza variabile riguarda la violenza subita durante l’infanzia, che può portare a riprodurre le violenze subite, perpetuando un ciclo di violenza. Un bambino che ha vissuto un’infanzia violenta ha infatti più probabilità di diventare un carnefice da adulto. L’ultima variabile da considerare è quella delle auto-giustificazioni, che porta a discolparsi per azioni o comportamenti con cui si entra in conflitto. La morale sociale può portare a neutralizzare un problema e giustificare un’azione sbagliata perché si ritiene di aver agito per necessità o per salvarsi.

    
Giulia Tramontano
    Vogliamo ricordare così Giulia

    D.: Come si può trattare il disturbo narcisistico di personalità
    R.: Il trattamento del disturbo narcisistico è possibile, ma estremamente complesso. La persona coinvolta deve essere disposta a mettersi in gioco, e bisogna aumentare la consapevolezza anche delle persone attorno. È necessario rimettere in discussione tutte le certezze e convinzioni accumulate negli anni, iniziando a comprendere il senso di una relazione sana e di un rapporto di coppia equilibrato. In una relazione sana, l’altra persona deve essere considerata in tutto e per tutto, e non utilizzata solo per scopi personali o narcisistici, come avere al proprio fianco una persona socialmente invidiabile. È fondamentale sviluppare empatia, cosa che probabilmente mancava a ImpagnatielloL’empatia implica capire i sentimenti dell’altro e riconoscere ciò che può ferire l’altra persona. Nel suo caso, che tentava da mesi di avvelenarla, è chiaro che mancasse. La montagna di frottole, che aveva creato, si è alimentata e ingrandita sempre di più fino a inghiottire la sua vita.

    D.: Nel caso di Impagnatiello è stata richiesta una perizia psichiatrica. Secondo lei, è possibile che venga dichiarato capace di intendere e di volere oppure no?
    R.: È comprensibile che sia stata richiesta una valutazione psichiatrica, perché in un caso come questo è fondamentale accertare se Impagnatiello ai tempi dei fatti fosse capace di intendere e di volere. È chiaro che il disturbo non sembra così invalidante da compromettere tale capacità. Il percorso intrapreso da lui nei mesi precedenti l’omicidio, indica un intento premeditato. Non è stata una cosa improvvisa, ma un piano che ha progettato nel corso del tempo. Sicuramente lei aveva deciso di incontrare l’amante del fidanzato, esasperata dalla situazione, poiché il loro rapporto era in grosse difficoltà da tempo. Quando ha scoperto la relazione, in modo molto maturo, ha voluto confrontarsi con l’altra donna. Anche se emotivamente utile, quell’incontro ha fatto scattare in Impagnatiello il desiderio di chiudere la relazione a modo suo. Non ha avuto il coraggio di ammettere i propri errori, di accettare di aver sbagliato e di andare avanti con la sua vita, invece ha deciso di eliminare il problema alla radice.

    Potete trovare la dott.sa Danila Pescina anche su Ig danila_pescina_psicoterapeuta

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    Luisa Fascinelli

  • Podcast: Impagniatello, udienza per il femminicidio di Giulia Tramontano

    Podcast: Impagniatello, udienza per il femminicidio di Giulia Tramontano

    Podcast Impagniatello 
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    Il nostro sito Golfo dei Poeti news si arricchisce di una nuova e interessante sezione dedicata ai Podcast, dove approfondiremo i temi più caldi del momento. In questa puntata, ci concentreremo sull’ultima udienza del processo a Impagniatello, accusato dell’omicidio di Giulia Tramontano.

    Alessandro Impagnatiello afferma di essere una persona diversa, più lucida e consapevole rispetto a com’era lo scorso anno dopo l’uccisione della sua ex fidanzata.

    Ad un anno esatto dalla morte di Giulia Tramontano e del figlio che aspettava, Thiago, Impagnatiello risponde in aula alle domande della pm Letizia Mannella nel processo in cui è imputato per omicidio pluriaggravato, distruzione di cadavere e interruzione non consensuale di gravidanza.

    Ha ucciso Giulia Tramontano, cagionando l’interruzione della gravidanza?”, domanda la pm. “Sì”, risponde Impagnatiello. “Ho ucciso Giulia il 27 maggio e ho occultato il suo corpo.
    Questo processo mi sta aiutando a mettere a posto tasselli che erano sparsi e confusi nella mia testa. Sono qui per esprimere la verità”.

    Purtroppo la verità, quella vera, la raccontano le analisi forensi non lui, che continua ad annegare nelle sue bugie. Nel podcast qui di seguito, potrete ascoltare le dichiarazioni rese dall’imputato durante l’udienza. Il suo racconto, crudo e ricco di incongruenze, lascia trapelare la sua continua attitudine a mentire pur di sfuggire all’ergastolo


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    Luisa Fascinelli

  • Femminicidio a Riccò del Golfo

    Femminicidio a Riccò del Golfo

    Femminicidio a Riccò del Golfo
Golfo dei Poeti news

    Femminicidio suicidio

    Un operaio edile di origini tunisine, già indagato per maltrattamenti, ha ucciso la moglie a coltellate e poi si è suicidato con la stesso coltello. Dalle prime ricostruzioni, sembra che l’uomo fosse soggetto a un provvedimento di divieto di avvicinamento a causa delle violenze denunciate dalla moglie, provvedimento che ha infranto senza esitazione.

    La tragedia è avvenuta in una palazzina a Riccò del Golfo, nello spezzino. I carabinieri, insieme al medico legale Susanna Gamba, sono sul posto per ricostruire i fatti.

    La coppia viveva in una casa popolare assegnata l’estate scorsa ed era residente a Riccò del Golfo da circa quindici anni. Avevano due figli adolescenti, un maschio e una femmina, che non erano presenti in casa al momento dell’accaduto.

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    La redazione 

  • Daniela Di Maggio: Giogiò mi direbbe “mamma vai avanti”

    Daniela Di Maggio: Giogiò mi direbbe “mamma vai avanti”

    Daniela Di Maggio e Giogiò
Golfo dei Poeti news
    Daniela Di Maggio con suo figlio Giogiò

    La resilienza di Daniela Di Maggio

    La vita di Daniela Di Maggio è stata sconvolta il 31 agosto 2023, quando suo figlio Giovanbattista Cutolo, conosciuto da tutti come Giogiò, è stato ucciso davanti a un pub in piazza Municipio a Napoli. Frequentava l’ultimo anno di studi al Conservatorio di San Pietro a Majella, faceva parte della Nuova Orchestra Scarlatti e da tre anni dell’orchestra di base al Teatro Ariston durante il Festival di Sanremo.
    Il giovane musicista si trovava con alcuni amici quando una lite per futili motivi è degenerata in tragedia: Giogiò è stato colpito a morte da tre colpi di pistola esplosi da un minorenne.
    Il 19 marzo il giovane di 17 anni è stato condannato a 20 anni di carcere. A febbraio, Daniela Di Maggio è stata invitata da Amadeus al Festival di Sanremo. Sul palco dell’Ariston, ha emozionato tutti i telespettatori con un toccante ricordo del figlio. Tra le lacrime, lo ha pianto e, in un certo senso, lo ha sentito esibirsi in quel luogo dei sogni che tanto aveva desiderato.
    Daniela Di Maggio ha rilasciato un’intervista esclusiva a Lerici In e Golfo dei Poeti news: un colloquio commovente e profondo, che ci offre spunti di riflessione sulla difficile tematica del recupero dei minori che hanno commesso reati o che potrebbero commetterli.

    Giovanbattista Cutolo
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    Giogiò in concerto con il suo corno

    D.: Puoi condividere con noi qualche ricordo speciale di tuo figlio e del suo talento musicale?
    R.: Giogiò aveva un talento fuori dal comune. Anche quando era più piccolo e frequentava la Scarlatti Junior, veniva già chiamato nella classe superiore Senior perché aveva un’attitudine indiscussa. Mi farebbe molto piacere ricordare un episodio che mi ha raccontato il maestro del corno di Posillipo riguardante Giogiò, quando andò a suonare insieme al suo maestro, Luca Martingano. Nella chiesa dove si sarebbe tenuto il concerto, si mise a sistemare le sedie. Quando arrivò il maestro Greco, gli disse che avrebbe dovuto sistemare anche l’altra fila di sedie perché sarebbero arrivati altri invitati, e lui rispose: “Guardi, maestro, io sono il secondo corno.” Il professore rimase sbalordito dall’umiltà di questo ragazzo. Nonostante fosse un musicista di talento, che componeva dalla tenera età di 15 anni, trascrivendo partiture e dedicandosi alla composizione, mostrava la modestia di sistemare le sedie e i banchi nella chiesa.

    Amadeus e Daniela Di Maggio
Golfo Dei Poeti news
    Daniela Di Maggio con Amadeus

    D.: Quali sono stati i momenti più difficili che hai affrontato dopo la morte di Giogiò, come hai fatto a superarli?
    R.: Uno dei momenti più difficili dopo la morte di Giogiò è stato accettare la grande ingiustizia. Non potevo sopportare che il male avesse ucciso il bene, che un ragazzo di 17 anni proveniente da ambienti di malavita, di violenza, si fosse incontrato, quella maledetta notte, con mio figlio: un ragazzo di talento che amava la musica, l’arte in tutte le sue declinazioni, che aiutava gli altri, che era sempre inclusivo. Momenti brutti segnati dalla rabbia che una tragedia del genere fosse accaduta a mio figlio. Ancora adesso ci sono momenti molto tristi, ma io li combatto pensando alla forza che mi dà mio figlio nel portare avanti quello che lui amava: il progetto della musica, il progetto dell’arte, il progetto della bellezza. Superarli è davvero dura, ma poi penso a mio figlio e a cosa avrebbe fatto al posto mio. Ricordo quando a volte i suoi amici lo chiamavano e gli dicevano: “abbiamo bisogno del Giogiò pensiero“, perché lui aveva sempre un’intuizione, una sintesi, una parola giusta. Spesso mi ritrovo a pensare a mio figlio e a chiedergli ispirazione: “cosa faresti tu al mio posto?” E lui mi risponde: “mamma, vai avanti”. Ed è questo che mi aiuta a non mollare e superare i momenti difficili.

    D.: Come hai reagito quando hai scoperto che l’assassino di tuo figlio Giogiò era un minorenne che portava un’arma carica? 
    R.: Quando mi hanno detto che era stato un minorenne armato, che era già dall’età di 14 anni un pluripregiudicato, che aveva commesso un tentato omicidio, truffato persone anziane e faceva parte di una banda di rapinatori di Rolex, mi sono arrabbiata profondamente. Ho pensato che lo Stato avrebbe dovuto intervenire, perché un ragazzo così giovane e violento non può essere lasciato libero. Purtroppo mi sono scontrata con un sistema legislativo che protegge fortemente i minori. Bisognerebbe considerare che quando un minore commette crimini gravi, dovrebbe essere valutato anche in base alla sua maturità psicologica e cognitiva, non solo all’età cronologica. Farò di tutto per cercare di cambiare questa legge, ritengo sia incompatibile con la realtà dei giovani di oggi e che debba essere assolutamente riformata.

    Mara Venier e Daniela Di Maggio
Golfo de Poeti news
    Daniela Di Maggio ospite da Mara Venier
    per la Festa della Mamma

    D:. Quali sono le iniziative o i progetti che stai portando avanti per onorare la memoria di tuo figlio e per sensibilizzare i giovani su tematiche come la violenza e l’importanza del rispetto e dell’empatia verso gli altri?
    R:. Da nove mesi, dopo la tragedia di Giogiò, ho iniziato a sensibilizzare i ragazzi nelle scuole con l’esempio di mio figlio Giovanbattista Cutolo, medaglia d’oro al valor civile, un ragazzo che ha dimostrato grande coraggio e altruismo. Sono stata in Abruzzo, nel Lazio e in Calabria. Sto promuovendo la creazione di laboratori musicali negli istituti scolastici, perché credo che la musica e le orchestre dedicate a Giogiò possano aiutare i giovani a distanziarsi dalla noia, dalle cattive compagnie e dall’uso eccessivo dei device. Queste iniziative mi rendono orgogliosa e piena di gioia, scaldano il cuore: mi aiutano a sopportare il dolore immane dell’assenza di mio figlio.

    Giustizia x Giovan Battista Cutolo
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    Manifestazione ontro la violenza e per fare giustizia a Giogiò

    D.: Qual è stata la tua fonte di ispirazione e sostegno nei momenti più di sconforto?  R.: La mia fonte di sostegno proviene direttamente dalla memoria di mio figlio e dalla sensazione della sua presenza. Con lui, ogni giorno diventava speciale: suonava il pianoforte, la tammorra e il corno, riempiendo la casa di gioia e bellezza. Ora, la sua assenza lascia un vuoto profondo, un buco nero nella mia vita. Il ricordo costante di quei momenti di bellezza che lui mi regalava continua a essere la mia ispirazione.

    I mici di Daniela Di Maggio
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    Il micio rosso era di Giogiò, si chiama Simba, l’altro Murzella e
    vivono con Daniela Di Maggio

    D.: Il 15 novembre è diventato legge il decreto Caivano, anche conosciuto come decreto Giovanbattista Cutolo, che rappresenta un’importante iniziativa governativa per contrastare la violenza giovanile e il fenomeno delle baby gang. Ritieni che queste misure siano sufficienti a persuadere i minorenni a non commettere più reati? 
    R.: Mi sono impegnata ostinatamente per correggere una serie di incongruenze nella legge sui minori, che purtroppo non tiene conto delle realtà attuali. Attualmente, ci troviamo ancora in una situazione difficile. Minorenni di 17, 16 e 15 anni commettono crimini violenti, consapevoli di rimanere impuniti, generando sacche di violenza in tutta la nazione, non solo nelle grandi città come Napoli, Milano, Genova o Palermo, ma in tutto il Paese. Questo problema è trasversale e l’impunità di questi giovani li fa sentire onnipotenti, il che è estremamente preoccupante. Ritengo sia assolutamente necessario ridurre l’età punibile per affrontare questa piaga dilagante.

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    Luisa Fascinelli

    Qui di seguito alcuni video in memoria di Giovanbattista Cutolo Giogiò

    Il talentuoso Giogiò con un bambino insegnava a suonare il piano

    In memoria di Giovanbattista Cutolo ascoltate bene alla fine la denuncia di Enzo Avitabile

    Giustizia per Giogiò

    Daniela Di Maggio in memoria di Giogiò Giovanbattista – Cutolo al Festival di Sanremo 2024 al Teatro Ariston.

  • Danila Pescina psicoterapeuta: come affrontare la dipendenza affettiva

    Danila Pescina psicoterapeuta: come affrontare la dipendenza affettiva

    Danila Pescina criminologa
Golfo dei Poeti news
    La dottoressa Danila Pescina

    Intervista alla psicoterapeuta Danila Pescina sulla dipendenza affettiva


    Tutti i giorni si legge di violenza sulle donne. Come invertire questa spirale? È giunto a proposito un incontro il 18 marzo scorso a Milano sul tema: “Stop alle violenze di genere, formare per fermare”. Verissimo! Formare per fermare è la via giusta e di questo ci parla la psicoterapeuta criminologa Danila Pescina, una delle relatrici del convegno.

    La dottoressa è stata disponibile a rilasciarci un’intervista sulla dipendenza affettiva, da pubblicare sia sul nostro sito web Golfo dei Poeti news che su Lerici In. Desideriamo ringraziarla per i preziosi consigli che ha fornito ai nostri lettori.

    Formare X fermare 
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    La dott.sa Danila Pescina è psicologa, criminologa e psicoterapeuta. Specialista in Psicoterapia Breve ad Approccio Strategico. Esperta in Psicologia delle Dipendenze. Università degli Studi Internazionali di Roma – UNINT- Giudice Onorario del tribunale di sorveglianza di Milano.

    D.: Quali sono gli indizi che una relazione affettiva potrebbe diventare dannosa o tossica?
    R.: Sono diversi i segnali che fanno capire che vi state imbattendo in una relazione tossica. All’inizio certi uomini sembrano principi azzurri, mostrando una propensione a dedicare maggior tempo e attenzione rispetto agli uomini non tossici e di conseguenza la donna può cadere più facilmente nella rete. Man mano che il rapporto diventa più esclusivo, i  partner tendono ad essere sempre più disponibili e presenti nella gran parte della giornata, non solo fisicamente ma anche emotivamente, richiedendo molte attenzioni e una presenza costante. Iniziano a emergere comportamenti che portano a farvi tagliare fuori dalle amicizie, per esempio a escludere altre persone, vogliono essere loro al centro della vostra vita, isolarvi da quelle che erano le amiche, i colleghi di lavoro; cominciano a parlarne male, magari anche della vostra famiglia. Più la relazione continua a prendere piede, più cominciano ad avere anche degli atteggiamenti di ossessività e di gelosia. In un primo momento più mascherata, che non viene subito percepita come gelosia pericolosa, ma in realtà dove c’è della ossessività la gelosia diventa assolutamente pericolosa.


    D.: Quali sono i comportamenti tipici dei soggetti pericolosi o manipolativi all’inizio di una relazione?
    R.: È essenziale riconoscere i segnali fin dall’inizio: per esempio, se cominciate a percepire campanelli d’allarme riguardo alla richiesta eccessiva di attenzioni e tempo da parte di quest’uomo, che crea un vuoto intorno a voi, anche se può riguardare degli hobby o delle passioni che avete sempre coltivato. Tutto questo tempo che vuole venga investito solo verso di lui comincia a essere un problema e deve essere già un campanello d’allarme. E come si riconosce questa dipendenza affettiva? Affrontandola, mettendo dei paletti, mantenendo e preservando la propria autonomia in primis, sia dal punto di vista economico sia dal punto di vista relazionale-affettivo. Essere autonome nel mondo, autonome nelle proprie scelte, autonome nello scegliere di vedere altre persone, senza chiaramente mancare di rispetto alla relazione, che questo sia sempre molto chiaro. Avere relazioni esterne alla coppia non è una mancanza di rispetto nei confronti della coppia o dentro la coppia: è un preservare anche la propria individualità. L’importante è che all’interno di una relazione ci sia una solida base di condivisione, di dipendenza reciproca, del benessere dell’altro, ma non deve mai raggiungere l’esclusività assoluta della propria esistenza nelle mani del partner, questo assolutamente no. Mettete un freno e imparate a riconoscere i segnali che indicano quando una relazione sta diventando troppo chiusa, troppo esclusiva e controllante.

    D.: Come possiamo aiutare le donne a riconoscere e affrontare la dipendenza affettiva?
    R.: Intanto è importante che le donne imparino  a tutelarsi da questi  amori malsani, malati e tossici. Proteggersi implica anche condividere con i familiari e amicizie fidate quello che si sta vivendo e valutare se c’è la possibilità di allentare la morsa di una relazione che diventa sempre più opprimente. È fondamentale, soprattutto quando ci si rende conto che non si tratta dell’amore giusto, imparare a lasciare andare, a chiudere una relazione, a imparare a dire basta. Bisogna capire se quella relazione è ciò che realmente desiderate o se invece diventa una fonte continua di sofferenza e compromessi che non volete. Nella relazione si è in due ed è un gioco che coinvolge un po’ come il tango, è un ballo che va vissuto insieme e non un ballo dove vi sentite costrette e soffocate, questo è del tutto da evitare. Mai perdere di vista i vostri obiettivi, sogni e indipendenza, oltre alla dipendenza relazionale.

    Dipendenza affettiva 
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    D.: Quali sono le strategie pratiche che le donne possono utilizzare per proteggersi e mantenere la propria sicurezza emotiva in una relazione?
    R.: È basilare imparare a riconoscere le situazioni pericolose prima che si aggravino. Anche senza considerare i casi in cui il partner arrivi a mettere le mani addosso alla donna, è importante ricordare che nessun gesto violento è giustificabile, neanche la violenza verbale, che non deve essere mai giustificata. Il primo schiaffo dovrebbe farvi capire che non è né la persona giusta né la relazione giusta. Il primo schiaffo sarà l’inizio di qualcosa che risulterà difficile da concludere in seguito. Dovete essere in grado di chiudere il libro quando avete finito di leggerlo, scrivere la parola “fine” su quella relazione tossica e uscire da essa.

    D.: Come possiamo incoraggiare le donne a fidarsi dei propri istinti e a porre attenzione ai segnali di allarme in una relazione?
    R.: Non dovete permettere alle relazioni tossiche di farvi isolare. Sentitevi libere di parlare apertamente di eventuali dubbi o preoccupazioni, specialmente all’inizio della relazione, con amici, familiari e persone di fiducia. Condividere i vostri dubbi, le perplessità e gli enormi punti interrogativi vi può aiutare a comprendere meglio se quella relazione è davvero positiva per voi. Dovete essere consapevoli che all’interno della coppia potrete non percepire il fatto che la relazione sia tossica. La cosa più importante è comprendere sin dall’inizio come allontanarvi da chi vi fa del male, sia fisicamente che emotivamente o psicologicamente. L’uomo che ama davvero non sente il bisogno di incutere insicurezza nella sua compagna né di esigere un’esclusività che la isoli completamente dagli altri, come amici, familiari o colleghi di lavoro.
    Chi ama davvero rispetta le scelte dell’altro e anche il suo tempo libero e i suoi hobby. Ricordatevi che una relazione sana non si basa solo sulla chiusura, ma anche sul condividere, non isolandovi all’interno della relazione.

    D.: Nel femminicidio di Giulia Cecchettin, il suo ex fidanzato le aveva fatto credere che lui si sarebbe fatto del male se lei non lo avesse più voluto vedere, l’ha ingannata bene, come poteva Giulia capire che le intenzioni malevoli non erano di autolesionismo ma bensì su di lei?
    R.: Non cadere nel tranello delle minacce, assolutamente no. Se un uomo comincia a intimorare con frasi come: “senza di te muoio”, “senza di te mi ammazzo”, capire subito che non sono comportamenti che possano sostenere una relazione sana. Questo è stato evidente anche nel caso di Giulia Cecchettin, estremamente preoccupata per il suo fidanzato fragile che minacciava di non farcela senza di lei e che comunque voleva ritornare insieme a lei. Ricordatevi, donne, che la vostra vita deve essere sempre al primo posto, così come la vostra vita sentimentale, affettiva e la vostra serenità personale. La vita dell’altro non può essere al primo posto. Diventa un ciclo in cui potreste costantemente trovarvi intrappolate e soggette a questa forma di dipendenza affettiva.
    Imparate a dire basta, imparate a gestire la distanza e a preservare prima di tutto la vostra salute. L’altra persona deve chiedere aiuto, deve farsi aiutare. È fondamentale non accettare mai l’ultimo incontro “chiarificatore”. Non accettare mai “l’ultima volta per chiarire la nostra situazione”. L’ultimo incontro è sempre troppo pericoloso. Se dovete andare all’ultimo appuntamento, portate con voi qualcuno di fidato, non andate mai da sole. Se vuole parlare, benissimo, potete parlare anche in un centro commerciale, con 100 persone attorno. Non cedete mai al passaggio in macchina o “all’incontriamoci da soli da qualche parte per parlare”. Se una storia è finita, tutto questo non serve, se non a farsi solo male o a ricevere del male.

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    Luisa Fascinelli

    La dottoressa durante l’intervento all’evento “Fermare per fermare”
  • Tenta di uccidere e bruciare la compagna: arrestato

    Tenta di uccidere e bruciare la compagna: arrestato

    Tentato femminicidio e lesioni
Golfo dei poeti news

    Tentato femminicidio a Sarzana


    I Carabinieri del Nucleo Operativo e Radiomobile della Compagnia di Sarzana hanno arrestato un uomo di 54 anni di origine marocchina, su ordine del Tribunale della Spezia. L’uomo è accusato di maltrattamenti in famiglia e tentato omicidio nei confronti di una donna di 40 anni della provincia della Spezia, con cui aveva una relazione. Da marzo scorso, l’uomo ha iniziato a comportarsi in modo violento verso la compagna, con vessazioni, umiliazioni e maltrattamenti, culminati in minacce e aggressioni fisiche, incluso l’uso di benzina procurandole lesioni con prognosi superiore ai 20 giorni.

    Le indagini dei Carabinieri hanno consentito di accertare e ricostruire i gravissimi episodi denunciati dalla vittima consentendo così alla Procura della Repubblica di poter richiedere, al G.I.P. del Tribunale della Spezia, l’emissione del provvedimento restrittivo con conseguente accompagnamento, presso la Casa Circondariale della Spezia, dell’arrestato.

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    La redazione


  • Alessia Pifferi è in grado d’intendere e volere

    Alessia Pifferi è in grado d’intendere e volere

    Alessia Pifferi 
Golfo dei Poeti news
Cronaca nera

    Nelle 130 pagine del perito incaricato dalla Corte dAssise dott. psichiatra Elvezio Pirfo spiega le motivazioni

    L’udienza del 4 marzo nel processo di Alessia Pifferi sarà sicuramente oggetto di una discussione molto accesa, innanzitutto perché il perito di parte ha consegnato la sua perizia e ha potuto constatare che l’imputata non ha alcun problema mentale, risultando quindi in grado di intendere e volere.

    Inoltre questo accertamento era stato fortemente contestato in aula dal pm Francesco De Tommasi, in contrasto con una consulenza dei suoi esperti, tanto da portare all’indagine per falso ideologico l’avvocato della difesa Alessia Pontenani insieme alle due professioniste psicologhe del carcere, le quali, le due avrebbero svolto, secondo il pm, una “vera e propria attività di consulenza difensiva, non rientrante” nelle loro “competenze”.

    Dalla perizia è emerso che Alessia Pifferi, nel lasciare morire la piccola Diana nel luglio 2022 per stare con l’allora compagno, ha privilegiato i propri desideri di donna a scapito degli obblighi materni. Il perito ha sottolineato che la donna ha adottato un’intelligenza di condotta, giustificando le sue scelte con motivazioni personali diverse. Queste conclusioni sono in linea con quanto affermato dal pm De Tommasi e dal consulente. La 38enne ha vissuto il suo contesto familiare e sociale come affettivamente deprivante, identificandosi come il pulcino nero, il che l’ha portata a sviluppare un funzionamento di personalità caratterizzato da alessitimia. Questo disturbo porta a un’incapacità di esprimere emozioni e provare empatia.

    Lo psichiatra Elvezio Pirfo ha specificato che l’imputata non ha alcun disturbo psichiatrico. Oltretutto, durante gli interrogatori, ha mostrato una sorprendente resistenza alla fatica, una resilienza superiore alle aspettative date le sue circostanze complesse e infelici. Ha sempre risposto con precisione e ha mantenuto integrità nella memoria.

    Inoltre, le videoregistrazioni degli interrogatori hanno mostrato che le modalità di interloquire e l’atteggiamento mentale di Alessia Pifferi sono coerenti con quanto emerso nei colloqui peritali. Il perito ha concluso che nulla di quanto osservato può essere collegato a influenze causate dalla detenzione o da terapie farmacologiche.

    Tuttavia, il 4 marzo l’avvocato Pontenani e i suoi consulenti di parte sono pronti a contestare i risultati di questa perizia, dimostrando ciò che invece hanno riscontrato, in netta disparità con quanto dichiarato dallo psichiatra Elvezio Pirfo.

    Qui la nostra intervista all’avv. Pontenani

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    Luisa Fascinelli

  • Gino Cecchettin: “Cara Giulia”, un libro dedicato alla figlia

    Gino Cecchettin: “Cara Giulia”, un libro dedicato alla figlia

    GIULIA CECCHETTIN GOLFO DEI POETI NEWS

    Quando è emersa la notizia che Gino Cecchettin, il padre di Giulia, brutalmente uccisa l’11 novembre dal suo ex fidanzato, Filippo Turetta, aveva incaricato un’agenzia di marketing per gestire i suoi interessi e staccarsi mentalmente da tutto ciò che lo circondava, era evidente che qualcosa stesse prendendo forma in un “work in progress”:

    Come previsto, per onorare la sua memoria e denunciare la violenza di genere, ha scritto “Cara Giulia”, un libro che uscirà il 5 marzo 2024 per Rizzoli. Il libro è frutto della collaborazione con Marco Franzoso, noto scrittore, e fa parte di un’iniziativa a favore delle donne vittime di violenza.

    Il libro è una lettera d’amore e di dolore, in cui il padre racconta chi era Giulia, cosa sognava, cosa soffriva, e si chiede cosa si poteva fare per evitarne la tragica fine.

     “Sei la mia Giulia e sarai per sempre la mia Giulia. Ma non sei più solo questo. Tu dopo quanto è successo sei anche la Giulia di tutti, quella che sta parlando a tutti. E io sento forte il dovere di manifestare al mondo che persona eri e, soprattutto, di cercare attraverso questo di fare in modo che altre persone si pongano le mie stesse domande”, parole profonde che lasciano un nodo in gola, se si pensa a quanto sofferenza e dolore ci sia in questo padre, che porterà sempre con se questo peso immenso.

    Questo libro si propone come un messaggio per tutti, mirando a mantenere viva l’attenzione su un tema così diffuso. I riflettori non devono spegnersi riguardo a quanto accaduto; non si tratta di qualcosa che potremmo mai debellare completamente, ma piuttosto di qualcosa che potremmo solamente prevenire.

    Gino Cecchettin vuole che la storia di Giulia sia un monito e una lezione per tutti, genitori, figli, insegnanti, istituzioni, e che si cambi la mentalità maschilista che ancora domina la nostra società. Federica Magro, direttrice editoriale di Rizzoli, lo ringrazia per il suo contributo coraggioso e prezioso al dibattito pubblico su un tema così urgente e delicato.

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    Luisa Fascinelli

  • Maxi blitz antidroga a Firenze e in tutta Europa

    Maxi blitz antidroga a Firenze e in tutta Europa

    Maxi blitz antidroga

    Un’operazione di ampia portata contro il traffico internazionale di stupefacenti è stata eseguita dai carabinieri di Borgo San Lorenzo (FI) in collaborazione con altri organismi investigativi, sia italiani che europei. L’indagine è stata coordinata dalla DDA di Firenze.

    I carabinieri hanno condotto un’operazione su tutto il territorio nazionale con il supporto delle forze di polizia albanese, spagnola, olandese e tedesca, coinvolgendo anche altri Paesi dell’Unione Europea. L’ordinanza riguarda 83 indagati, ritenuti responsabili per associazione a delinquere di carattere transnazionale con l’obiettivo di traffico e spaccio di sostanze stupefacenti.

    È stato eseguito il sequestro per equivalente di una somma superiore a 5 milioni di euro, considerata provento dell’attività illecita. L’operazione ha coinvolto perquisizioni personali, locali e telematiche. Un arresto anche alla Spezia.

    Indagini portate avanti dal 2019 al 2021

    Gli stupefacenti, tra cui cocaina, eroina, MDMA, hashish e marijuana, entravano in Italia sia dall’Albania (attraverso le coste pugliesi) che dall’Olanda. Queste sostanze venivano parzialmente distribuite nella provincia di Firenze e parzialmente reindirizzate verso altre “piazze” italiane o la Germania. La ricerca ha individuato quattro diverse strutture criminali, composte da cittadini italiani e albanesi, con basi operative in Olanda, Albania e Toscana (con spostamenti su tutto il territorio nazionale).

    Inoltre è stato smantellato un intero gruppo di “pusher” che commercializzava gli stupefacenti al dettaglio nel Mugello e nell’intero territorio metropolitano fiorentino.


    Durante i controlli, sono emersi i collegamenti di questa prima organizzazione nazionale con un’altra sita a Firenze, che riceveva grossi quantitativi di hashish e marijuana dall’Albania, trasportati su gommoni a Grotte di Castro (LE) e poi da là, su strada, a Firenze, in zona Campo di Marte, da dove venivano smerciati in Italia e in Germania.

    In Germania è stato fermato un Italiano con 25 kg di marijuana, a Firenze un altro con 80 kg della medesima sostanza. Infine lo stesso responsabile dell’organizzazione è stato arrestato in Puglia alla guida di un furgone con 340 kg tra hashish e marijuana, il cui forte odore cercava di celare con deodoranti per auto.

    Le indagini hanno seguito la filiera dello spaccio, individuando il canale di approvvigionamento dall’Albania gestito da un’organizzazione locale. Inoltre, grazie alla collaborazione internazionale, è stato identificato un altro canale operante nei Paesi Bassi. Questo secondo canale era in grado di movimentare grandi quantità di cocaina verso l’intero Nord Europa.

    In Italia, i carabinieri hanno fermato due loro corrieri (un Italiano e un Albanese) che trasportavano più di 10 kg di cocaina.
    Durante queste attività preliminari erano già state complessivamente arrestate in flagranza 24 persone nonché sequestrati circa 15 kg di cocaina, 120 di hashish e 487 di marijuana, 217 piante di cannabis, quasi 2 litri di olio di hashish, 95.000 € in contanti, due pistole, un fucile, 7 automezzi e un immobile.


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    La redazione

  • Lerici: fermato 27enne per tentato omicidio

    Lerici: fermato 27enne per tentato omicidio

    Tentato omicidio a Lerici


    Durante le ultime ore, i Carabinieri del Nucleo Operativo e Radiomobile della Compagnia Carabinieri della Spezia hanno effettuato l’arresto di un 27enne spezzino, sottoponendolo a fermo di indiziato di delitto. L’uomo è accusato dei reati di tentato omicidio e porto abusivo di arma da fuoco.


    Il giovane, nella serata di ieri, dopo un diverbio originato da problematiche di carattere imprenditoriale con i soci di un’azienda che si occupa di lavorazioni nel settore della nautica, al culmine della lite avrebbe estratto una pistola a tamburo utilizzata per esplodere alcuni colpi di arma da fuoco che hanno ferito un 44 enne e un 33 enne spezzini, provocando delle lesioni agli arti e al corpo. I due feriti sono stati sottoposti a cure presso il Pronto Soccorso dell’Ospedale della Spezia e non sono in pericolo di vita.

    Dai primi accertamenti è emerso che l’accaduto si è verificato nella periferia di Lerici. La pistola revolver utilizzata nell’atto è stata successivamente sequestrata.
    Il 26 enne è stato fermato ed è ora a disposizione della Procura della Repubblica presso il Tribunale della Spezia per le relative procedure di convalida del provvedimento.

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